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Equo compenso, passi avanti nelle tutele per gli avvocati
Come annunciato in un precedente articolo su queste pagine, una nuova proposta di legge che rafforza il principio dell’equo compenso dovrebbe essere approvata nei prossimi mesi, visto l’impegno in tal senso delle maggiori forze politiche di Governo e di opposizione. La nuova disciplina si trova nell’AC 3179, a firma di Giorgia Meloni ( Fratelli d’Italia), Jacopo Morrone ( Lega), Andrea Mandelli ( Forza Italia), intitolato “Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali”.
La prima disposizione di questa prossima legge ( se tutto va come previsto) riguarda la definizione di equo compenso, che consiste nella corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonché conforme ai compensi previsti, rispettivamente ( art. 1): a) per gli avvocati, dal dm Giustizia 55/ 2014, come modificato dal dm 37/ 2017 ( emanato ai sensi dell’art. 13, comma 6, della legge 247/ 2012); b) per i professionisti ( di cui all’art. 1 della legge 81/ 2017), anche iscritti agli ordini e collegi, dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell’art. 9 del d. l. 1/ 2012 ( ancora da emanare a quanto sembra).
Il principio dell’equo compenso si applica alle seguenti situazioni ( art. 2): 1) convenzioni o accordi con banche, assicurazioni e imprese con 60 o più lavoratori, o fatturato superiore a 10 milioni di euro; 2) prestazioni rese dai professionisti in favore della Pa ( inclusi gli agenti della riscossione).
La proposta di legge ( art. 3) provvede anche ad integrare l’articolo 2233 del codice civile, relativo al compenso, che ricorda che quando questo non è convenuto dalle parti, e non può essere determinato secondo le tariffe o gli usi, è determinato dal giudice, e che in ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all'importanza dell'opera e al decoro della professione.
Le integrazioni a questo articolo del codice civile contengono le seguenti disposizioni: a) la specificazione che sono nulle le clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata, tenendo conto a tal fine anche dei costi sostenuti dal prestatore d’opera, così come un compenso inferiore agli importi stabiliti dai parametri o dalle tariffe per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o ai collegi professionali, fissati con decreto ministeriale; b) la possibilità di impugnare, al fine di dichiararne la nullità, qualsiasi convenzione, contratto, esito di una gara, predisposizione di un elenco di fiduciari, o accordo che preveda un compenso inferiore ai valori determinati ai sensi della precedente disposizione; c) in caso di impugnazione il Tribunale adito deve rideterminare i compensi secondo i parametri ministeriali o le tariffe in vigore, relativi alle attività svolte dal professionista, tenendo conto dell’opera effettivamente prestata, e del parere sulla congruità emanato dall’ordine professionale; d) la nullità delle pattuizioni che vietino al professionista di pretendere acconti nel corso della prestazione, o che impongano l’anticipazione di spese, o che attribuiscano al committente vantaggi sproporzionati rispetto alla quantità e alla qualità del lavoro svolto dal professionista; e) la vessatorietà delle seguenti clausole: la riserva al cliente della facoltà di modificare unilateralmente le condizioni del contratto; l’attribuzione al cliente della facoltà di rifiutare la stipulazione in forma scritta degli elementi essenziali del contratto, o di pretendere prestazioni aggiuntive che il professionista deve eseguire a titolo gratuito; l’anticipazione delle spese a carico del professionista, o la rinuncia al rimborso delle spese connesse alla prestazione; l’applicazione di termini di pagamento superiori a 60 giorni dalla data di ricevimento da parte del cliente della fattura; la previsione che il compenso per l’assistenza e la consulenza in materia contrattuale spetti solo in caso di sottoscrizione del contratto.
L’articolo 4 ribadisce che il giudice, accertata la non equità del compenso del professionista, ne determina il compenso applicando i parametri previsti dai decreti ministeriali, così come, accertato il carattere vessatorio di una clausola ai sensi dell’articolo 2233 c. c., ne dichiara la nullità. Molto importante è poi la disposizione dell’articolo 5, secondo la quale il parere di congruità dell’ordine professionale sul compenso spettante al professionista costituisce titolo esecutivo, purché rilasciato nel rispetto della procedura stabilita dalla legge 241/ 90.
È però prevista la possibilità dell’opposizione a tale parere. Un’altra norma interessante è quella dell’articolo 7, che consente ai professionisti, e ai relativi Consigli nazionali, di tutelare i propri interessi anche mediante la class action, disciplinata dall’articolo 140- bis del d. lgs. 206/ 2005.
L’articolo 8 dispone poi l’istituzione presso il ministero della Giustizia dell’Osservatorio nazionale sull’equo compenso, composto dai rappresentanti dei Consigli nazionali degli ordini professionali, con compiti di emanazione di pareri, formulazione di proposte, segnalazione di prassi contrarie al principio dell’equo compenso. Per quanto riguarda l’applicazione di queste disposizioni ai rapporti in corso, l’articolo 9 prevede che spetti al professionista avvertire la controparte che le prestazioni erogate dopo l’entrata in vigore della presente legge sono soggette alle disposizioni sopra richiamate. Infine si sancisce, con l’articolo 10, l’abrogazione dell’attuale disciplina sull’equo compenso.