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Due lauree e un Master in carcere, ma per i giudici è ancora pericoloso
Grazie all’intervista di Liana Milella fatta a Walter Verini, tesoriere del Pd e da sempre impegnato sui temi della giustizia, sappiamo che rispetto all'emergenza Covid in carcere per la posizione di chiusura del M5S non c’è nessuna speranza che passi la "liberazione anticipata" chiesta da Roberto Saviano, Luigi Manconi e Sandro Veronesi e per cui Rita Bernardini del Partito Radicale è in sciopero della fame da 21 giorni assieme ad altri 611 cittadini liberi e gli oltre 700 detenuti. Al massimo, se tutto va bene, potrebbero accogliere l’emendamento proposto da Franco Mirabelli, quello di portare da sei mesi a un anno i domiciliari senza braccialetto. Contagiati 987 detenuti e oltre mille operatori penitenziari Il ministro Alfonso Bonafede, d’altronde, ha recentemente risposto al question time della Camera spiegando che per il Covid in carcere è tutto sotto controllo, il protocollo sanitario viene applicato e che comunque la maggior parte dei contagiati sono asintomatici. Tutto bene? Neanche per sogno. I detenuti che risultano contagiati sono 897, mentre il personale penitenziario è oltre i mille. Su Il Dubbio abbiamo parlato della situazione di Tolmezzo, ancor prima di Opera dove il virus ha contagiato per prima i 41 bis – uno è oramai in fin di vita – per poi diffondersi anche in As. Ma in questo momento altri penitenziari presentano forti disagi con relativi ricoveri gravi. A Sulmona ci sono 51 positivi, di cui 2 ricoverati gravi. Senza parlare dei tanti familiari che non vengono avvertiti dalle direzioni delle carceri sul ricovero per Covid dei loro cari. L’angoscia permane e ciò provoca anche l’altro allarme: il numero di contagi percepiti. Non avvisare i familiari, fa pensare sempre al peggio ed inevitabilmente arriva il passa parola ingigantendo i numeri.L’emergenza però non è percepita, ma vera. C'è chi sostiene che il Covid in carcere non è un problema Però come accade nel mondo libero, c’è chi minimizza dicendo che addirittura nei penitenziari si è al più sicuro e non c’è il problema di ridurre la popolazione penitenziaria. «Solo una mente disturbata può pensare di difendere i detenuti dal Covid mandandoli a casa», ha scritto recentemente Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano. Ovviamente non ha compreso il motivo della richiesta di introdurre misure deflattive più efficaci. D’altronde è colui che tempo fa scrisse che il sovraffollamento era “virtuale” e che addirittura avanzassero posti in cella. Quindi ci si augura che il ministro Bonafede non lo prenda in considerazione, ma che ascolti ad esempio le osservazioni del Garante nazionale delle persone private della libertà. Sì, perché nell’editoriale, Travaglio ha anche perso un po’ di numeri per strada, compreso le cinque morti attuali (non tre come scrive) provocate dalla seconda ondata. Ma quindi perché chiedere al più presto la riduzione del numero dei detenuti? Le misure deflattive del decreto Ristori non bastano I luoghi chiusi e affollati sono bombe sanitarie. Se mancano gli spazi per attuare i protocolli e fare quindi gli isolamenti necessari, il contagio si diffonde. Ci sono casi – come Tolmezzo - dove la situazione è sfuggita di mano, perché per mancanza di spazio avrebbero messo i detenuti postivi con quelli negativi. I reclusi anziani e con gravi patologie sono quelli più vulnerabili e le carceri, perfino i luoghi considerati sicuri come il 41 bis, non sono in grado di proteggerli. Infatti ne sono morti già alcuni. Le misure deflattive del decreto Ristori non bastano e per questo il mondo civile, associazioni, garanti, giuristi e persone come la Bernardini che conosce il sistema penitenziario da una vita, stanno chiedendo al governo di intervenire efficacemente. Gli asintomatici sono la stragrande maggioranza dei detenuti contagiati? Vero, ma così è anche nel mondo libero, eppure l'emergenza c'è per evidenti motivi. Il carcere non è da meno. Anzi, per motivi appena elencati, ne è di più.