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Due punti fermi, dunque. Negli atti delle Procure, e dunque anche in quelli di gip e Riesame, le conversazioni «necessarie» saranno riportate integralmente, con i virgolettati, e non per riassunto come ipotizzato nella prima bozza ( definita ieri da Orlando «una base meramente tecnica» ).
Scompare così ogni appiglio che possa far qualificare il provvedimento come un bavaglio, anche se per il ministro «non lo era prima, non lo sarà nemmeno adesso». Secondo pilastro: sarà il pm a dover decidere se in una richiesta di misure cautelari sia davvero indispensabile inserire trascrizioni di telefonate o messaggi relativi «a dati personali definiti sensibili della legge» o che non siano pertinenti né all’ «oggetto» né a i «soggetti coinvolti» nell’inchiesta.
Potrà forzare il principio della essenzialità, ma solo se certe conversazioni borderline dovessero avere, a suo giudizio, rilevanza «per i fatti oggetto di prova». Discrezionalità connessa evidentemente a una responsabilità: l’ordinamento giudiziario è tale per cui il pm che non si attenesse a tali norme sarebbe destinatario di un procedimento disciplinare.
Non solo. Perché c’è un terreno sul quale neanche il pm potrà fare eccezione e mettere agi atti trascrizioni che, in prima battuta, la polizia giudiziaria non ha neppure potuto compilare: si tratta appunto delle conversazioni tra difensore e assistito. In quel caso infatti la Procura non potrà riconsiderare il lavoro degli investigatori e chiedere di trascrivere le telefonate rimaste nei file. Resta dunque invariato lo schema presentato da Orlando, poco meno di un mese fa, a magistratura e avvocatura: non si trascrive nulla, sen- za eccezioni o possibili “rivalutazioni” successive del pubblico ministero.
Le norme sulla trascrivibilità delle intercettazioni in generale e quelle che riguardano i difensori in particolare aggiornano d’altronde due distinti articoli del Codice di procedura penale: nel primo caso il 268, nel secondo il 103. Le due questioni, insomma, non sono sovrapponibili.
Resta però immutata l’alea relativa alla ascoltabilità. La telefonata con l’avvocato non viene trascritta, ma questo non vuol dire che il file potrà essere distrutto: resta nell’archivio riservato. Dunque il pm potrebbe ascoltarla e, eventualmente, acquisire elementi sulla strategia difensiva. Un vulnus destinato a non cicatrizzarsi, almeno per ora. A meno che i pareri delle commissioni parlamentari ( destinati a questo punto ad arrivare a dicembre) sollecitino l’esecutivo a ripensarci.
Ma trova senza dubbio accoglimento la richiesta di una maggiore attenzione al tema dei colloqui tra difensore e assistito, che il presidente del Cnf Andrea Mascherin aveva rivolto anche al presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un incontro con il consigliere giuridico del Quirinale, Stefano Erbani. Un tema che di recente si era riproposto con le indiscrezioni sui contenuti di una telefonata fra Tiziano Renzi e il suo legale. Almeno questo genere di episodi non potrà ripetersi.