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Pensavate che la riduzione togata di Mani pulite potesse assomigliare all’originale solo per la ferocia dello scandalismo? Errore. Si manifesta subito un’altra imprevedibile analogia: il fronte è già diviso fra giustizialisti e garantisti. Ed esattamente come avvenuto negli anni della seconda Repubblica propriamente detta, la componente della magistratura culturalmente moderata - o, con una forzatura, “di centrodestra” - è su posizioni garantiste, un po’ come il centrodestra berlusconiano negli anni Novanta in poi. A serrare le file sulla questione morale giudiziaria è invece soprattutto la componente progressista della magistratura, Area, che ieri ha avviato il proprio congresso a Roma ( di cui si dà conto separatamente, ndr) e che rilancia l’allarme sulle «lobby trasversali», fatto che «ci riconduce al solo precedente della P2». Parole pronunciate ieri da Cristina Ornano, che di Area è il segretario generale.
Da non crederci. Tutto vero, invece. Con un risvolto clamoroso emerso sempre ieri, poche ore prima che prendessero il via le assise delle toghe progressiste. Al centro di una dialettica mai vista prima nel mondo dei magistrati è Magistratura indipendente: una particolare articolazione della corrente, il suo distaccamento presso la Cassazione, di cui fa parte un folto nucleo di consiglieri e sostituti procuratori generali, ha invitato i tre consiglieri Csm di “Mi” che si sono autosospesi a «a porre immediatamente termine alla propria autosospensione e a riprendere senza indugio le attività consiliari». Altro che “aggravare” la misura fino alle vere e proprie dimissioni: i tre togati Corrado Cartoni, Paolo Criscuoli e Antonio Lepre sono ora avvolti dalla solidarietà dei loro colleghi di corrente «in relazione alla faziosa campagna di stampa che continua a vederli associati, impropriamente, a vicende penali». La nota chiede che l’intera “Mi” respinga «con sdegno ogni tentativo di stabilire una correlazione, anche indiretta, con la loggia massonica P2». Cioè, proprio l’oggetto della denuncia di Area, corrente a cui i “moderati” di Mi sono sempre più contrapposti.
Non è ancora finita qui. Il comunicato delle toghe di “Mi” in servizio presso la Cassazione suona anche come un atto di dissenso nei confronti del presidente dell’Anm Pasquale Grasso, della loro stessa corrente, e dei colleghi che, iscritti sempre al gruppo, lo rappresentano nel parlamentino dell’Anm, ( il comitato direttivo centrale). Nella riunione di mercoledì, l’assemblea del sindacato aveva sollecitato all’unanimità le dimissioni dei togati coinvolti nelle cene con Ferri e Lotti ( oltre ai tre di “Mi” già citati, anche il consigliere di Unicost Gianluigi Morlini). La sezione di “Mi” della Suprema corte recapita invece a Grasso un esplicito atto di sfiducia: lui e gli altri rappresentanti del gruppo presso l’Anm sono «esortati» a «porre in essere rinnovati, e più ponderati, deliberati associativi, in luogo di quelli sinora adottati». Un richiamo di una durezza pazzesca, che dietro la forma elegante cela una messa in stato d’accusa del “sindacato”, a cominciare dal suo vertice. Non pare affatto trattarsi dell’impennata di un gruppo di magistrati tanto qualificati quanto orgogliosi. Oggi stesso si terrà l’assemblea generale di “Mi”, dove la linea della “sezione Cassazione” si imporrà quasi certamente come maggioritaria. Un estremo e disperato tentativo di salvare «l’onorabilità di Magistratura indipendente», come la nota raccomanda testualmente ai vertici del gruppo, guidato dalla presidente Giovanna Napoletano e dal segretario Antonello Racanelli? Tutt’altro. La linea “garantista” delle toghe moderate è in realtà fortemente corroborata dalle norme che regolano il funzionamento del Csm: La decadenza, infatti, è prevista solo in caso di condanna definitiva, penale o disciplinare. Negli altri casi non si va oltre la sospensione. Ma in tutti i casi deve comunque votare il plenum a maggioranza. «E non può farlo finché non saranno utilizzabili gli atti di Perugia pervenuti al Consiglio», cioè finché saranno «coperti da segreto». A dirlo non è un dirigente di “Mi”, ma un’altra togata del Csm, Alessandra Dal Moro. Che non è “di centrodestra” ma è iscritta proprio ad Area. Un promemoria chiaro, pure questo, alla sua stessa indignata corrente.
Da ultimo, sempre a proposito di garanzie, ne invoca anche Luca Palamara. Che ieri ha consegnato una memoria difensiva presso i colleghi pm di Perugia in cui ribadisce di «non essere corrotto», che nella sua, di Procura, quella di Roma, «la notizia del mio procedimento penale» aperto a Perugia «era già nota», il che pare un acuminato segnale ai colleghi dell’ufficio capitolino; e ancora, Palamara assicura che «chiarirà tutto, anche le cene». Fino a un’ultima velenosa notazione: «Sono all’oscuro delle attività del gruppo Amara, avendo avuto rapporti di amicizia e frequentazione solo con Fabrizio Centofanti, avvenuta peraltro anche con importanti figure di vertice della magistratura ordinaria e amministrativa». Ecco, forse questi segnali sono l’unica cosa che in Tangentopoli, quella dei politici, non c’era.