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Da taroccatore seriale di referti medici a colonna portante del pronto soccorso dell’ospedale di Civitavecchia. È l’incredibile storia del dottor Giuseppe Di Iorio, coinvolto agli inizi del 2017 nell’indagine “Bad doctor”, la maxi inchiesta della Procura della cittadina sul litorale a nord di Roma che portò in carcere una decina fra medici ed avvocati con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla truffa e al falso.
Secondo i carabinieri che avevano svolto gli accertamenti, i medici avrebbero redatto false diagnosi a seguito di sinistri stradali con feriti al fine di truffare le assicurazioni, consentendo in questo modo dei risarcimenti illeciti.
Gli inquirenti erano giunti a questa conclusione semplicemente confrontando, senza effettuare alcuna perizia, i referti redatti dai medici del pronto soccorso di Civitavecchia, fra cui quelli firmati dal dottor Di Iorio, e i referti redatti dai radiologi del medesimo ospedale.
Ogni differenza nella diagnosi effettuata dal medico del pronto soccorso rispetto a quella del radiologo era stata considerata falsa. Un tesi “innovativa” nella medicina legale in quanto è abbondantemente noto che sia il radiologo che il medico del pronto soccorso possono, eventualmente, incorrere in errori di identificazione con errata attribuzione o errori di non identificazione, senza per questo motivo dover rispondere del reato di falso.
La differenza delle diagnosi può, infatti, avere diversi fattori. Un radiologo molto esperto può anche non identificare, ad esempio su un radiogramma di un arto chiari segni di fratture. Questa evenienza viene ad essere amplificata in particolari circostanze quali: turni di lavoro consecutivi, ritmi di lavoro eccessivi, imprecisione delle richieste dei medici curanti, mancanza di possibilità di consultare colleghi più esperti, cattiva organizzazione del lavoro. Lo stesso dicasi per il medico del pronto soccorso sottoposto a turn over incessante. Per fare un paragone, sarebbe come se un magistrato la cui sentenza è stata modificata o annullata in un altro grado di giudizio, venisse indagato per falso. Considerato che circa il cinquanta percento delle sentenze di primo grado viene modificato in appello, sarebbe un'ecatombe di giudici.
Dopo aver preso in esame almeno diecimila lastre, i carabinieri giunsero alla conclusione che ben venti di queste avevano referti diversi. Chiesero ed ottennero allora l’emissione dell’ordinanza di custodia cautelare a carico dei professionisti. Dopo aver considerato l’eventuale errore medico come un falso, gli investigatori si erano spinti oltre, ipotizzando, appunto, l’associazione a delinquere. E ciò sulla base non di contatti, stranamente nell’indagine non erano state effettuate intercettazioni telefoniche, ma per rapporti di conoscenza risalenti fra i vari soggetti in questione.
Dopo essere stato arrestato in diretta televisiva, come capita spesso, ed aver trascorso qualche settimana in carcere, il dottor Di Iorio era stato rimesso in libertà ed era rientrato in servizio all’ospedale di Civitavecchia. La direzione generale, evidentemente ritenendo le accuse dei carabinieri alquanto “sopra le righe”, non aveva aperto nei suoi confronti alcun procedimento disciplinare.
Anzi, gli era stato chiesto di tornare proprio al pronto soccorso dove aveva svolto quasi tutta la sua carriera, circa trenta anni di servizio. L’udienza preliminare, svoltasi la scorsa estate a tre anni dall’arresto, aveva visto subito scemare l’accusa di associazione a delinquere, restando in piedi solo gli asseriti “falsi” nelle diagnosi. Tutti gli accertamenti patrimoniali svolti avevano poi escluso che il dottor Di Iorio avesse "guadagnato" qualcosa dalle sue diagnosi ritenute non veritiere. Il processo entrerà nel vivo a dicembre. Per quella data si capirà se il giudice, che finalmente ha incaricato un perito di svolgere gli accertamenti di competenza, vorrà insistere con questa “innovativa” teoria medico legale nei confronti dei medici del pronto soccorso. Un precedente che rischia di amplificare la cosiddetta medicina difensiva, con tutte le conseguenze del caso per gli incolpevoli pazienti.