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I rapporti avuti da Fulvio Baldi con Luca Palamara possono essere fatali per l’ex capo di gabinetto del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, con il rischio di sbarrargli la strada per piazza Cavour. Ieri mattina, il Plenum del Csm doveva deliberare il ritorno “in ruolo” di Baldi dopo le dimissioni della scorsa settimana. Una pratica definita “routinaria”. La procedura, quando un magistrato cessa dall’incarico extragiudiziario, prevede che la toga venga destinata dal Csm all’ufficio di provenienza. Nel caso di Baldi, la Procura generale della Cassazione.Il rientro del magistrato nell’ufficio che ha lasciato per ricoprire l’incarico fuori ruolo è previsto anche se tale ufficio risulta a “pieno organico”. Nel caso di Baldi, invece, con un provvedimento che non ha precedenti, il Csm ha deciso, su richiesta esplicita del togato Nino Di Matteo, un “stop” forzato. Secondo il pm antimafia serve «approfondire la questione».Di Matteo, illustrando in Plenum la propria istanza, ha ricordato le intercettazioni pubblicate dai giornali nei giorni scorsi, a seguito delle quali l’ex capo di gabinetto di Alfonso Bonafede si era dimesso, osservando che in queste Baldi «si mostra disponibile a far dipendere scelte di dirigenti al Ministero da questioni correntizie». Il riferimento, in particolare, è a quanto accaduto a giugno del 2018 e riportato nelle chat contenute nel fascicolo della Procura di Perugia a carico dell’ex presidente dell’Anm. Baldi appena insediatosi a via Arenula era stato contattato da Palamara affinché trovasse un posto al Ministero della giustizia a due magistrate, Katia Marino, sostituto procuratore a Modena, e Francesca Russo, giudice del Tribunale di Roma.Da quanto è emerso dalle chat, non aveva problemi ad esaudire le richieste dell’amico e collega di corrente. L’unico "intoppo" era la mancanza in quel momento di posti disponibili al gabinetto del Ministero. Iniziò, allora, una girandola di contatti con i vari uffici per cercare di trovare una soluzione. Tutti i tentativi non ebbero successo e le due magistrate continuarono a svolgere le rispettive funzioni.«Si, le abbiamo già viste anche con il ministro e sono di una limpidezza incredibile», disse Baldi, il giorno prima di dimettersi, ai giornalisti del Fatto che avevano riportato i suoi colloqui con Palamara. «Quale sarebbe il problema? Per un dirigente dire che un posto deve essere riservato ai “nostri”, di una corrente, è un profilo disciplinare? Io non ci vedo nulla di disciplinare. Io penso che il pluralismo culturale in un'istituzione sia fondamentale», aggiunse, spiegando che aveva detto molte di queste frasi per non «deludere un amico». Di diverso avviso, invece, il ministro Bonafede. Adesso l’incarico di capo di gabinetto è affidato ad interim a Vitiello, capo dell’Ufficio legislativo. Il motivo dello "stop" a Baldi va letto anche alla luce della funzione svolta dalla Procura generale, quella cioè di promuovere l’azione disciplinare per le toghe. Non è dato sapere su questo aspetto come si comporterà il Procuratore generale Giovanni Salvi nei confronti dei numerosi magistrati che si rivolgevano a Palamara per chiedere favori di vario genere. Comunque sia, da quanto si è appreso, il destino professionale di Baldi verrà deciso in un prossimo Plenum. Ed in un prossimo Plenum è prevista la partecipazione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Lo ha comunicato il vice presidente David Ermini. «Sono stato ricevuto dal capo dello Stato - ha detto - il quale mi ha annunciato che una delle prossime settimane parteciperà al Plenum. Ora organizzeremo modalità e tempi». Ad un anno esatto di distanza dall’inizio dello scandalo che terremotò il Csm, Mattarella torna quindi a Palazzo dei Marescialli. La partecipazione del capo dello Stato al Plenum è un segnale della tensione che sta caratterizzando la realtà della magistratura associata, dopo la pubblicazione delle intercettazioni di Palamara, in queste settimane. Attualmente, a differenza dello scorso anno, nessun consigliere che è stato coinvolto si è dimesso.