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Di Matteo
«L'appartenenza a una cordata è l'unico mezzo per fare carriera e avere tutela quando si è attaccati e isolati, e questo è un criterio molto vicino alla mentalità e al metodo mafioso». Con queste parole il pm antimafia Nino Di Matteo ha presentato nella sede dell’Anm in Cassazione la sua candidatura al Csm. Una battaglia, la sua, contro la «degenerazione del correntismo». In totale sono sedici i pm che si sono candidati alle elezioni suppletive del Csm del prossimo 6 e 7 ottobre, dopo l’inchiesta di Perugia che ha sconvolto il Csm. Lo streaming di Radio Radicale Per il magistrato, «Non serve una riforma punitiva del Consiglio superiore della magistratura, ma bisogna dargli l'autorevolezza di organo costituzionale senza distinzioni legate all'apparenza o al gradimento politico». E si schiera contro l'idea di un sorteggio per l'elezione dei togati: «Rispetto i colleghi che lo hanno proposto per superare il correntismo, ma è incostituzionale - ha spiegato- È devastante pensare che un magistrato che può erogare ergastoli, disporre sequestri per centinaia di milioni di euro, decidere della vita di minori, non possa avere l’autonomia di scegliere chi deve rappresentarlo al Consiglio superiore della magistratura». Negli ultimi anni, secondo il pm, «la magistratura è pervasa da un cancro che si sta espandendo, i cui sintomi sono evidenti: la burocratizzazione, la gerarchizzazione degli uffici il collateralismo con la politica, la degenerazione correntizia. Dobbiamo avere il coraggio di dire che quanto è emerso dall'inchiesta di Perugia non ci deve stupire - ha aggiunto - Non c'è spazio per lo stupore, siamo tutti responsabili di questa situazione. Oggi c'è una grande possibilità di invertire la rotta prima che siano altri, approfittando della delegittimazione, a cambiarci con riforme che ci rendano squallidi burocrati». La magistratura, ha concluso, «'è l'avamposto più alto di difesa della Costituzione rispetto alla volontà di poteri striscianti, non solo illegali, di limitare autonomia e indipendenza e renderla collaterale e servente rispetto alla politica».