PHOTO
Carceri sovraffollate persino in Molise: ma i 5S hanno la soluzione...
Mentre in campo ci sono proposte discutibili come lo stipendio “virtuale” per i detenuti che lavorano, facendo improbabili confronti con i Paesi europei del nord che, però – a differenza nostra -, mettono in atto il principio del carcere come estrema soluzione, il sovraffollamento sta raggiungendo numeri allarmanti. Al 31 ottobre 2019, secondo i dati pubblicati sul sito del ministero della Giustizia, i detenuti ristretti nelle 190 carceri italiane sono 60.985 rispetto ad una capienza regolamentare di 50.474 posti disponibili.
Cioè vuol dire che risultano 10.511 detenuti in più, mentre il mese precedente ne risultavano invece 10.409. Il trend del sovraffollamento è quindi in continua crescita, soprattutto in assenza di misure deflattive come le pene alternative e l’utilizzazione del ricorso al carcere come extrema ratio. Per comprendere l’allarmante tasso di crescita, basti pensare che il picco più alto di quest’anno, prima di quello attuale, si era registrato al 31 marzo, con 10.097 ristretti oltre la capienza regolamentare. Si registra quindi un balzo enorme essendo arrivati a 10.511.
Un altro paragone da fare è quello con i numeri al 31 ottobre dell’anno scorso: erano 9.187 i detenuti in più. Un balzo notevole che dovrebbe allarmare visto che se il trend dovesse confermarsi, il rischio di ritornare ai livelli che scaturì la sentenza pilota Torreggiani emessa dalla corte europea di Strasburgo non è così lontano.
D’altronde, nonostante i diversi “piano carceri” del passato dediti alla costruzione di nuovi penitenziari, l’Italia è stata condanna ben due volte dalla corte europea dei diritti umani: la sentenza Sulejmanovic del 2009, dove per la prima volta la Corte europea accerta la violazione dell’articolo 3 della convenzione per eccessivo sovraffollamento carcerario, e appunto la Torregiani che ha costretto il nostro Paese a rivedere la pena e trovare percorsi alternativi al carcere. Così accadde attraverso misure come i decreti chiamati, a torto, svuotacarceri e altre misure deflattive.
Poi è cambiata la sensibilità politica e si è fermato tutto. Non solo togliendo di mezzo lo spirito degli stati generali sull’esecuzione penale promosso dall’allora ministro della giustizia Andrea Orlando, non solo approvando – a metà – la riforma dell’ordinamento penitenziario, ma c’è stato un continuo e inesorabile innalzamento delle pene ed estensione del famoso 4 bis ( articolo nato come misura emergenziale e solamente per reati gravi come mafia e terrorismo) verso altri reati non emergenziali come la corruzione. Una miscela, di fatto, esplosiva per il sistema penitenziario.
Sempre ritornando ai dati del sovraffollamento, com’è sempre stato ribadito più volte, i numeri relativi al mese scorso risulterebbero addirittura maggiori se dovessimo sottrarre dalla capienza regolamentare i 3.704 posti non disponibili perché inagibili, oppure in via di ristrutturazione. Dato estrapolato dall’esponente del Partito Radicale Rita Bernardini, grazie all’analisi delle schede di ogni singolo istituto aggiornato dal ministero.
Un dato che ci riporta alla vera dimensione del problema e quindi dell’effettiva emergenza in corso. Altro importante dato da prendere in considerazione l’ha dato il Garante nazionale delle persone private della libertà: ben 5mila detenuti sono in carcere perché condannati ad una pena inferiori a due anni. Proprio ieri, al carcere di Viterbo, si è suicidato un sudanese di 24 anni: doveva scontare solo un anno di pena. A darne notizia è stato il Garante regionale Stefano Anastasìa. Siamo sicuri che il carcere sia indispensabile per questi soggetti? Dati del genere smentiscono, di fatto, il luogo comune che in carcere non ci va più nessuno. È l’esatto contrario: ci si va, nonostante che il reato non sia grave e senza contemplare le misure alternative, funzionali al vero graduale recupero e reinserimento nella società.