PHOTO
cella metri quadrati
Secondo il guardasigilli, nelle carceri è tutto sotto controllo per quanto riguarda l’emergenza covid 19. Non ha nemmeno dimostrato alcun interesse nei confronti di Rita Bernardini del Partito Radicale, stremata da quasi un mese di sciopero della fame. Eppure, nella sola seconda ondata siamo arrivati a sette detenuti morti per covid. Nel giro di 24 ore ne sono deceduti altri due. Uno, come già annunciato da Il Dubbio, è il 78enne Salvatore Genovese recluso al 41 bis di Opera. Da settimane era in terapia intensiva, già gravemente malato ma compatibile con il carcere duro secondo il giudice di sorveglianza, quando ad un certo punto i medici hanno dovuto interrompere la terapia: non c’è stato nulla da fare, solo cure palliative per alleviare le atroci sofferenze. L’altro morto per covid, sempre nella stessa giornata di mercoledì scorso, è il detenuto Filippo A., 63 anni, cardiopatico, ricoverato in ospedale dal 26 novembre all’ospedale Cardarelli. Il terzo in Campania tra i detenuti (due di Poggioreale e uno di Secondigliano) oltre alla morte sempre per Covid del direttore sanitario del carcere di Secondigliano Raffaele de Iasio. Nel frattempo arrivano nuovi aggiornamenti dal Dap. Alle ore 20 di giovedì risultano 975 detenuti positivi al covid, tra i quali 37 sono ricoverati in ospedale. Tutti gli altri, secondo la classifica del Dap, risulterebbero asintomatici. Eppure, secondo le testimonianze di vari avvocati, risulta che ad alcuni loro assistiti reclusi in carcere viene somministrata la terapia. Se sono tutti asintomatici, a cosa servirebbero la tachipirina e l’eparina? I focolai più critici si trovano al carcere di Tolmezzo (153 detenuti positivi e 4 ricoverati), che ha il primato di avere tra 41 bis e alta sicurezza la totalità dei detenuti contagiati. A seguire c’è il carcere di Secondigliano con 75 positivi, quello di Sulmona (69 positivi più 5 ricoverati), il carcere di Monza con 62 contagiati e il carcere di Poggioreale e quello di Trieste con 40 positivi ciascuno. Senza contare i reparti covid del carcere di Bollate e San Vittore, che ospitano decine e decine di detenuti positivi provenienti da altre carceri. Ma c’è anche il personale penitenziario a dover fare i conti con il covid: risultano infatti contagiati ben 920 agenti. Abbiamo raggiunto quindi quasi 2000 persone positive tra la popolazione penitenziaria. Il tasso dei contagi, come ha fatto notare Rita Bernardini intervistata da Il Dubbio, è molto più alto se paragonato al mondo “libero”. Per i detenuti il tasso del contagio è dell’1,76 %, mentre per coloro che vivono fuori le mura è dell’1,31%. Se invece consideriamo i positivi fra tutti coloro che frequentano quotidianamente il carcere, e quindi anche il personale, la percentuale schizza a oltre il 3,76%. Che fare? C’è un punto sul quale concordano tutti coloro che si occupano e conoscono alla perfezione il sistema penitenziario: le misure introdotte nel decreto Ristori non sono sufficienti per ridurre sensibilmente la popolazione detenuta. Lo ha ribadito, tramite i bollettini, più volte il Garante nazionale delle persone private della libertà. Secondo il Garante è da guardare «con evidente preoccupazione dal punto di vista della gestione, sia per la necessità di spazi e, quindi, di una minore “densità” delle persone ristrette e dunque di un numero di persone detenute sensibilmente minore, sia per l’incidenza che il contagio ha sugli operatori penitenziari, il cui numero di positivi è attorno al migliaio, e che si deve misurare con un organico sempre al di sotto di quanto formalmente previsto». A partire da queste considerazioni, il Garante nazionale è tornato nuovamente a sollecitare maggiore capacità di elaborare proposte normative che sappiano tutelare la salute di tutti, assicurare una positiva gestione delle strutture e della vita interna relativamente a chi in esse opera e chi vi è ristretto, garantire la sicurezza. «Gli emendamenti proposti – scrive sempre il Garante nazionale - e che abbiamo illustrato nelle riflessioni de il punto delle ultime settimane vanno in questa direzione: le ribadiamo e continuiamo nella nostra interlocuzione con il Parlamento che in questi giorni lavora attorno alla riconversione in legge del decreto 137/ 2020». Ma in Parlamento quali emendamenti sono stati presentati in merito alle nuove misure da introdurre? Sappiamo che il senatore del Pd Franco Mirabelli ha chiesto l’innalzamento da sei mesi a un anno del limite della pena da scontare al di sotto del quale sarà possibile andare agli arresti domiciliari senza braccialetto elettronico, escludendo i condannati ai reati del 4bis (mafia, terrorismo, reati in famiglia e stalking); l’aumento di 30 giorni dello sconto di pena per ogni semestre a chi ha già goduto della riduzione della pena per buona condotta per anticipare la fine della carcerazione; il rinvio dell’emissione degli ordini di esecuzione, a seguito di una condanna, delle pene detentive inferiori ai 4 anni. Ma già è stato detto che il M5s farà muro e potrebbe far passare solamente il discorso dei braccialetti. Nel frattempo mancano gli spazi nelle carceri per l’isolamento sanitario, il virus colpisce duramente i detenuti anziani e con patologie gravi entrando perfino nei luoghi considerati sicuri come il 41 bis. L’emergenza covid è in corso, ma per le autorità pare che sia un pericolo solamente per chi vive fuori dalle mura. Eppure gli esperti hanno più volte sottolineato che le probabilità di diffusione del Coronavirus aumentano nei luoghi chiusi e affollati. Così come hanno sempre detto che gli asintomatici, ad oggi, rappresentano il fattore di rischio maggiore nella divulgazione del virus. Ecco come sono le carceri: chiuse, affollate e con asintomatici che fanno da superdiffusori.