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La prova dell’incontro tra Alfredo Romeo e Tiziano Renzi? Inventata. L’avrebbe confezionata con chiaro intento manipolativo un capitano del Noe dei carabinieri, Giampaolo Scafarto. È l’incredibile sviluppo dell’indagine Consip. Da cui ora si genera, in una catena di contraddizioni, un nuovo fascicolo aperto dalla Procura di Roma nei confronti del militare dell’Arma. E stavolta il reato per cui si procede è falso ideologico e materiale. Si tratta dell’ultima clamorosa novità su un’indagine apparsa prima dirompente e poi alterata da complicati intrecci in gran parte interni agli stessi carabinieri. Uno degli investigatori che avrebbero incastrato l’imprenditore napoletano e il padre dell’ex premier è ora nei guai. Scafarto è stato uno stretto collaboratore di Sergio De Caprio, alias “Capitano Ultimo”, ex vicecomandante del Noe: a suo carico il sostituto procuratore Mario Palazzi ipotizza due condotte penalmente rilevanti.
Irilievi che sembrano far cadere le prove dell’incontro tra Romeo e il padre di Renzi derivano dall’accertamento iniziale condotto sul primo episodio, relativo alla ricerca dei cosiddetti “pizzini” nella spazzatura della “Romeo Gestioni”. Secondo quanto riportato da Scafarto nell’ormai celebre ( per essere finita su tutti i giornali) informativa preparata per i pm ( quelli di Napoli, inizialmente titolari dell’indagine), l’operazione di ricerca degli appunti tra i rifiuti sarebbe stata “seguita” dall’occhio indiscreto di «qualche appartenente ai Servizi». Ma nello zibaldone investigativo non c’era traccia di un successivo accertamento effettuato nei confronti di uno dei presunti 007, dai quali era emerso che si trattava semplicemente di un autista dell’Opera Pia stabilimenti spagnoli in Italia, E. R., residente proprio nel luogo delle ricerche, piazza Nicosia. Un’omissione dall’intento «manipolativo», secondo la Procura.
Da qui le verifiche di Piazzale Clodio sono proseguite fino a far emergere l’altra “macchia”. Quella che riguarda Tiziano Renzi, e in particolare l’intercettazione dello scorso 6 dicembre: non è stato Romeo ma Italo Bocchino a pronunciare le fatidiche parole «Renzi, l’ultima volta che l’ho incontrato». Acquisita l’indagine dai colleghi di Napoli, il procuratore capo Giuseppe Pignatone e il pm Palazzi decidono di ordinare una verifica sui nastri originali, e scopro- no il «falso». Che il capo dei pm romani e i suoi sostituti non si fidassero più del Noe è già chiaro dallo scorso 4 marzo, quando revocano il mandato al reparto Tutela ambientale lo assegnano ad altri miliari dell’Arma, quelli del Nucleo investigativo di Roma. Nel motivare la decisione, i magistrati parlano di «ripetute fughe di notizie». Ora emergerebbe una vera e propria azione di depistaggio. A Scafarto le ipotesi d’accusa sono state contestate ieri in Procura, in seguito all’invito a comparire.
Ma il capitano si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Si tratta di un caso unico nella storia recente delle inchieste sulla corruzione. Mai si erano addensate ombre così opache su un’indagine destinata a colpire le istituzioni. L’avvocato di Tiziano Renzi, Federico Bagattini, riferisce che il suo assistito «ha accolto con piacere ma senza stupore la notizia» giacché «conferma di non aver mai incontrato Renzi». Il legale che difende il capitano Scafarto, Giovanni Annunziata, spiega che la scelta di restare in silenzio «fa parte di una precisa strategia difensiva».
Ma è plausibile che le verifiche della Procura facciano luce anche sulle tensioni nascoste dietro l’indagine e tutte interne all’Arma. L’inchiesta Consip è arrivata a colpire lo stesso massimo vertice dei carabinieri, il generale Tullio Del Sette. Era stato quest’ultimo a esautorare il vicecomandante operativo del Noe Sergio De Caprio. Scafarto ha collaborato a lungo con lo stesso Capitano Ultimo. E secondo quanto si era appreso nelle scorse settimane, diversi ufficiali del Noe erano contrariati dalle decisioni assunte da Del Sette sul loro vicecomandante. Un intreccio che ha poco a che fare con la politica. E che consente ora a Matteo Renzi di dire: «Chiedo che tutti abbiano la più totale fiducia nella magistratura, la verità alla fine viene a galla».