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Il Dap risponde presente al Consiglio nazionale forense. E con una nota, a firma del capo dipartimento Francesco Basentini, accoglie la richiesta dell’avvocatura di stabilire delle linee guida sull'organizzazione dei colloqui a distanza tra difensore e detenuto nel periodo di emergenza sanitaria, per mantenere salda la tutela del diritto alla difesa anche in un periodo come quello attuale, in cui l’emergenza ha reso più complicata l’amministrazione della giustizia. Una richiesta giunta al Dap attraverso una delibera datata 20 aprile scorso e recepita in toto dal Dap, che ha fatto proprie le richieste del Consiglio nazionale forense. Da questo momento in poi, dunque, il difensore potrà inviare all'Istituto penitenziario una richiesta di contatto tramite e-mail o Pec, con lo scopo di concordare giorno e ora del colloquio con il proprio assistito. E nel caso in cui il difensore ritenga opportuno svolgere il colloquio attraverso il proprio cellulare, sarà necessario che lo stesso sia reperibile sull’albo del Consiglio dell’ordine di appartenenza, «al fine di consentire la corretta identificazione del richiedente e la riferibilità al professionista della chiamata». Per quanto riguarda, invece, l'invio di comunicazioni scritte al proprio assistito in stato di detenzione dal proprio indirizzo di posta elettronica certificata, «detta attività allo stato potrà avvenire - come già accade e ferme restando le disposizioni e le limitazioni adottate dalle Direzioni nei relativi ordini di servizio - solo nella misura in cui presso il singolo istituto sia attivo un servizio di trasmissione/ricezione mail sottoscritto dal detenuto e a sue spese». Le linee guida suggerite dal Cnf sono state inviate anche al ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, al quale la presidente facente funzioni Maria Masi, attraverso un’articolata lettera contenente le ultime delibere dell’organo massimo dell’avvocatura, ha chiesto «di riaprire in sicurezza i tribunali per la fase 2 dell'emergenza sanitaria», rinnovando, allo stesso tempo, «la disponibilità a collaborare al fine di assicurare un'effettiva ripresa nelle modalità suggerite, salvaguardando i principi invocati». Una lettera che affronta anche il delicato nodo delle carceri, per le quali Masi chiede al Guardasigilli anche di non dimenticare «la situazione ancora critica che si riscontra negli istituti penitenziari», dove il cronico sovraffollamento «rappresenta un rilevante fattore di rischio per la salute degli agenti di polizia penitenziaria, degli operatori e soprattutto dei detenuti», le cui condizioni, nello scontare la pena, sono rese «ancor più afflittive dall’assenza di visite e dalla sospensione delle attività trattamentali». Il Cnf ha dunque ribadito l’urgenza di ridurre il sovraffollamento delle carceri e «rendere effettiva la tutela del diritto alla salute, costituzionalmente garantito, dei detenuti e di tutti coloro che operano all’interno degli istituti penitenziari», ricordando come il coronavirus abbia già provocato la morte di un detenuto, «mentre aumentano ogni giorno i casi accertati di positività di detenuti ed agenti di polizia penitenziaria e che occorre, pertanto, porre in essere senza più indugi provvedimenti normativi atti a scongiurare l’ulteriore propagarsi della pandemia nelle carceri, come sottolineato anche dall’Unione delle Camere penali italiane».