PHOTO
I magistrati onorari «chiedono di essere al più presto vaccinati in quanto esercenti servizi pubblici essenziali ed essendo particolarmente esposti poiché vengono a contatto con centinaia di persone quotidianamente, ma non godono di tutela alcuna». A chiedere di assicurare il vaccino anti Covid alle toghe onorarie è l’Associazione italiana della magistratura onoraria, che torna a sollecitare una riforma che garantisca i diritti della categoria.
A loro si unisce anche AssoGOT che ha inviato una lettera al presidente del Consiglio, ai ministri della Salute e della Giustizia, e al commissario straordinario per l'emergenza: «Come è noto, gli uffici giudiziari rientrano tra i servizi pubblici essenziali ed inoltre, per ampiezza, tipologia e natura degli affari in essi trattati, hanno visto l’accesso allo smart working quale modalità operativa del tutto residuale, ed anzi del tutto impraticabile per il personale incaricato di funzioni che richiedano un necessario contatto con il pubblico e l’utenza. I magistrati onorari, oltre a gestire in via esclusiva gli uffici del giudice di pace, con contenzioso non telematico, gestiscono, in concreto, nei tribunali, settori quali la previdenza, l’immigrazione, la famiglia, la volontaria giurisdizione, nonché in via prevalente le attività istruttorie ecc., trovandosi quotidianamente esposti al contatto con un numero indeterminato di persone, inclusi soggetti fragili, in ambienti chiusi e nei quali è impossibile assicurare la corretta igienizzazione». Questo quadro di precarietà sanitaria che esaspera l'espletamento della professione potrebbe essere una delle cause che ha scaldato gli animi, come vi abbiamo raccontato ieri, nel Tribunale di Velletri, dove una civilista è stata brutalmente zittita da una giudice di pace.
Per Cristina Piazza, Delegata della Consulta della Magistratura Onoraria e Segretario Generale UNAGIPA ( Unione Nazionale Giudici di Pace) «è chiaro che la collega ha avuto una reazione abbastanza forte. Va anche chiarito che noi abbiamo un obbligo di far mantenere le distanze dentro e fuori l'aula.
Si tratta di prescrizioni redatte dai Presidenti dei Tribunali, che possono variare da luogo a luogo». La dottoressa Piazza ipotizza che «la collega abbia dovuto accelerare i tempi di discussione perché probabilmente aveva un protocollo da rispettare.
Questi protocolli servono ad evitare che fuori dalle aule si creino assembramenti, file di persone in attesa dell'udienza successiva. Per esempio, qui a Bologna sono previsti 10 minuti per le prime udienze. Certo, non avrei mai usato il linguaggio della collega, non mi appartiene quel modo di esprimermi ma è anche vero che come categoria siamo esasperati, lavoriamo in solitudine: nei corridoi non abbiamo alcun tipo di vigilanza che possa far mantenere l'ordine e le distanze. A ciò si deve aggiungere che noi magistrati onorari lavoriamo senza tutele: se ci ammaliamo e non lavoriamo non veniamo pagati. Dall'altro lato capisco pure che questa situazione possa essere difficile anche per gli avvocati, quindi dovremmo tutti cercare di fare il possibile per collaborare serenamente».