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Inizia oggi pomeriggio davanti alla sezione disciplinare del Csm il processo dell’anno alla magistratura. Anzi, come scriveva ieri la Stampa, la “Norimberga” togata. Sul banco degli imputati Luca Palamara, ex presidente Anm e per anni potente leader della corrente di centro Unicost. Con lui, se il collegio dovesse riunire i procedimenti, anche i cinque ex consiglieri del Csm che parteciparono a maggio 2019 all’incontro con i deputati Luca Lotti e Cosimo Ferri, in cui si discusse di nomine di importanti uffici giudiziari. Fra tutti, la Procura di Roma. La posizione di Ferri in quanto parlamentare è al momento al vaglio delle Sezioni unite della Cassazione.
Dall’udienza di oggi si dovrebbe dunque capire quale “linea” prenderà il Csm in questa vicenda che ha terremotato la magistratura e che continua, con la costante pubblicazione dei messaggini inviati a Palamara dai colleghi, a riservare sorprese.
Stefano Giame Guizzi, consigliere di Cassazione e difensore di Palamara, è intenzionato a chiedere il congelamento del processo fino a quando non sarà entrato in carica il prossimo Csm. Quindi fino al 2022. Gli attuali giudici sarebbero troppo coinvolti nell’accaduto, dovendo giudicare coloro che fino al giorno prima erano stati compagni di banco all’interno della sala Bachelet di piazza Indipendenza.
Il secondo punto delle difese riguarda l’utilizzabilità delle intercettazioni. Tutte le accuse che sono state mosse dalla Procura generale della Cassazione a Palamara — ad iniziare dal tentativo di discredito nei confronti dell'allora procuratore Giuseppe Pignatone e dell’aggiunto Paolo Ielo — e ai cinque ex consiglieri, si basano essenzialmente su quanto carpito tramite il trojan inoculato nel telefono dell’ex numero uno dell’Anm. Sul punto va ricordato che il trojan era stato inserito dai magistrati di Perugia per scoprire la tangente di 40mila euro che sarebbe stata data da alcuni faccendieri a Palamara affinché nominasse Giancarlo Longo procuratore di Gela. Tale accusa però è venuta meno. Sono stati gli stessi pm umbri al momento della notifica della chiusura delle indagini a togliere l'imputazione. Le captazioni con i parlamentari, sottolineano le difese, non erano affatto casuali. Palamara prendeva sempre appuntamento prima di incontrare Ferri. La Procura generale è di diverso avviso e ha chiamato a testimoniare i finanzieri che hanno proceduto all’ascolto.
Il punto nodale, in caso questi scogli tecnici venissero superati, è quindi la lista testi. Palamara, in particolare, ha presentato una maxi lista di circa 130 testimoni. Fra questi, politici, capi di correnti, parlamentari, ex vicepresidenti del Csm. La difesa ha però già fatto sapere che valuterà uno ' sfoltimento'. I tanti testi di Palamara si spiegano in un solo modo: da sempre i consiglieri del Csm avevano interlocuzioni con esponenti politici e capi delle correnti per le nomine. Il sistema Palamara sarebbe allora sempre esistito.
Se la disciplinare effettuerà dei tagli consistenti, è chiaro che la linea difensiva di Palamara andrà rivista.
Il processo si apre in un clima sempre più incandescente. La scorsa settimana le dimissioni a sorpresa del togato Marco Mancinetti, esponente di Unicost, ora sotto disciplinare proprio a causa della chat con Palamara. E poi la mai sopita querelle sulla cessazione dal servizio di Piercamillo Davigo. Il 20 ottobre il magistrato compirà settant’anni, età massima consentita prima della pensione. Davigo, a quanto sembra, intenderebbe rimanere, giacché il mandato di consigliere scade fra due anni.
Sul fronte associativo, infine, va segnalata la presentazione di una nuova lista per le prossime elezioni in programma a ottobre per il rinnovo dell’Anm. Si chiama “Articolo 101”. Fra i cavalli di battaglia, il sorteggio per l’elezione dei componenti togati del Csm, la rotazione degli incarichi, la massima attenzione alla “questione morale” in magistratura.