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Non ho letto con più di tanto stupore l’ennesima affermazione di Marco Travaglio: “I soliti radicali, che a furia di invocare amnistie e indulti, soffiano sul fuoco delle rivolte in carcere”. Non mi stupisco perché è ormai nota la sua antipatia nei confronti delle battaglie di Marco Pannella e del Partito Radicale per portare la legalità nelle carceri italiane. Per Travaglio non esiste il sovraffollamento, per Travaglio se entri in carcere a far visite ai detenuti sei colluso con la mafia, adesso addirittura saremmo noi ad alimentare le rivolte. Noi diciamo invece il contrario. Primo: chi fomenta rivolte e tiene in ostaggio agenti della penitenziaria sta commettendo un reato e va punito. Secondo: i detenuti sono vittime di se stessi con queste condotte di ribellione; qualora potessero accedere, in via emergenziale, a misure alternative sarebbero i primi ad essere esclusi. Terzo: sono giorni che, tramite i social, la radio e la stampa sto dicendo ai parenti dei reclusi di porre fine alle manifestazioni dinanzi alla carceri perché da un lato aumentano lo stato di agitazione e dall’altro mettono in pericolo la loro stessa salute. Per quanto riguarda la nostra richiesta di amnistia e indulto, tali provvedimenti rappresentano la conseguenza e non la causa di quanto sta accadendo nelle carceri: oggi, più che mai, li riteniamo necessari per porre rimedio a una emergenza nell’emergenza. Nelle nostre carceri adesso ci sono oltre 61.200 detenuti, con un sovraffollamento che sfiora in alcuni istituti di pena anche il 200%. A ciò oggi si aggiunge il pericolo della diffusione di un virus sconosciuto alla scienza; se esso si propagasse in carcere sarebbe davvero una situazione molto preoccupante, come ha detto ai microfoni di Radio Radicale anche il capo del Dap Francesco Basentini. Se oggi la priorità in questo Paese è la tutela massima del diritto alla salute, anche con modificazioni e limitazioni della nostra quotidianità, perché il rispetto di tale diritto dovrebbe venire meno in celle dove ci sono anche nove detenuti? Purtroppo il problema delle carceri è trascurato da anni e ancora di più in questo momento di fragilità dell’Italia. Come non essere consapevoli che in tale situazione le carceri rappresentano la parte più fragile e debole nel nostro Paese? Il governo deve assumersi la responsabilità che fino ad ora non ha voluto prendersi: il carcere non si amministra solo con decreti e circolari, ma soprattutto con il dialogo. Se noi liberi siamo rimasti spiazzati dai vari decreti, perché non ne abbiamo compreso l’applicabilità in molte parti, cosa hanno pensato i detenuti quando gli sono stati negati i colloqui senza avere spiegazioni e senza conoscere veramente le alternative? Caro Travaglio, ti invito per l’ennesima volta ad unirti al Partito Radicale nella lotta per il diritto alla conoscenza: vieni con noi a visitare le carceri, tocca con mano il degrado che si vive in quel cono d’ombra, abbandona il pregiudizio! *presidente di Nessuno Tocchi Caino, membro del consiglio generale del Partito Radicale