PHOTO
Scarsa qualità del cibo offerto dall’Amministrazione penitenziaria e in alcuni casi l’inadeguatezza del vitto rispetto alle problematiche di salute, la mancanza di acqua calda e del riscaldamento nelle celle, la non idoneità di queste ultime dal punto di vista igienico- sanitario e situazioni di sovraffollamento soprattutto nei periodi estivi.
La relazione del garante Queste sono alcune criticità emerse dalla relazione annuale del garante regionale delle persone private della libertà Stefano Anastasìa sul sistema penitenziario dell’Umbria.
La relazione è stata presentata mercoledì scorso dal garante. All’incontro tenutosi presso la regione, era presente in prima fila anche l’ex ergastolano ostativo Carmelo Musumeci, scrittore, ma soprattutto l’uomo che è riuscito a sensibilizzare l’opinione pubblica sul carattere non riabilitativo della pena perpetua. Ad aprire la relazione è stata la presidente della regione Umbria, Donatella Porzi, che ha ringraziato i presenti e Stefano Anastasìa.
La situazione delle carceri umbre La relazione è di 51 pagine e nell’introduzione mette in risalto il ruolo del garante. In particolare c’è un quadro d’insieme degli Istituti di pena per adulti in Umbria. «Tra il 31 dicembre 2017 e il 31 dicembre 2018 – è scritto -, la popolazione penitenziaria umbra è aumentata lievemente, di 61 unità, passando da 1.370 a 1.431 detenuti, a fronte di una capienza complessiva compresa tra i 1.331 ( al 31.12.2017) a i 1.334 posti- letto detentivi ( al 31.12.2018).
In regione, a fine 2018 il tasso di sovraffollamento ha raggiunto quindi il 107%, mentre a livello nazionale era del 118%. La situazione di sovraffollamento riguarda tre su quattro istituti e deve essere prestata un’attenzione specifica a quanto avviene a Perugia e Terni, principali istituti di accesso dalla libertà nel sistema penitenziario umbro e perciò più sensibili all’andamento generale della popolazione detenuta, dove già oggi il tasso di affollamento è superiore al 110%».
Non rispetto della territorialità Dai dati del Garante emerge anche che il 77% dei detenuti sconta una pena detentiva definitiva ( 1.100 detenuti), mentre sono 144 quelli in attesa di primo giudizio, 84 quelli in attesa di appello e 79 i ricorrenti in Cassazione. Per le pene detentive da 5 a 10 e per arrivare all’ergastolo, inoltre, si registra una percentuale più alta di quella nazionale, anche per la presenza di due carceri a media sicurezza come Spoleto e Terni.
In questa categoria si registra una presenza quasi esclusiva di detenuti italiani e provenienti da altre regioni. Quindi, emerge, il problema annoso del mancato rispetto della territorialità della pena.
Ciò determina notevoli disagi per i detenuti e per le loro famiglie che, spesso, non riescono a far fronte ai continui spostamenti per i colloqui mensili.
I minori L’Umbria non è sede di istituti penali per minori e quindi non vi sono luoghi di diretta amministrazione pubblica per l’esecuzione di misure restrittive della libertà inflitte a minori o giovani adulti che abbiano commesso reati entro la minore età.
Ciò non toglie che l’Ufficio di servizio sociale per i minorenni competente per territorio segue una pluralità di misure eseguite presso servizi e strutture territoriali a ciò accreditate dal ministero della Giustizia e dal Tribunale per i minorenni. Alla data del 31 dicembre 2018 risultavano prese in carico dagli uffici di servizio sociale per i minorenni di Perugia 487 persone di cui il 15% ragazze e il 40% stranieri.
Restrizioni per i detenuti Altra problematica che Anastasìa ha fatto emergere è l’impossibilità di detenere al 41 bis oggetti particolari in camera ( crocifisso al collo, personal computer, radio, dispositivi mp3 e fotografie dei familiari), nonché il contrasto delle disposizioni dei singoli istituti relative al materiale che il detenuto può avere con sé in occasione del trasferimento da uno all’altro.
Il Garante, inoltre, raccomanda alla regione Umbria di garantire maggiori risorse per la formazione, il lavoro e la sanità in carcere, mentre alle amministrazioni penitenziarie di intervenire sulle strutture carcerarie, sul personale, incrementare le relazioni con la comunità esterna.