PHOTO
«Gli stessi proponenti la commissione ministeriale che è valsa la fiducia al ministro hanno inteso indicare l’Unione delle Camere Penali Italiane tra i soggetti protagonisti di essa, fino addirittura alla ipotesi di guidarla». Gian Domenico Caiazza ricorda prima di tutto qual è la notizia. Poi, nel suo post di ieri su facebook, aggiunge quale può esserne la sola credibile chiave di lettura per gli avvocati: «Siamo grati a chiunque esprima in modo così esplicito apprezzamento e condivisione per le idee e le posizioni dei penalisti italiani nella loro storia in difesa dell’idea liberale del diritto penale e del giusto processo.
Ma il nostro contributo», scandisce, «quale che esso possa essere, esige chiarezza e condivisione degli obiettivi. Abbiamo idee, esperienza, soluzioni da proporre, e siamo sempre pronti ad ascoltare quelle altrui, e a misurarci con esse senza preconcetti e rigidità ideologiche. Ma a tutto possiamo essere interessati fuorché a operazioni di facciata, che finiscano addirittura per legittimare le più devastanti riforme penali degli ultimi decenni. Se c’è da rimboccarsi le maniche per aprire un nuovo percorso, siamo pronti: ma i monitoraggi dei disastri li lasciamo fare a chi ne ha voglia».
Più chiari di così non si può. Il presidente dell’Ucpi risponde dunque al doppio appello. Prima di Italia viva, e di Renzi in particolare, che lo reclama alla presidenza della commissione sui tempi del processo. Poi a quello dello stesso guardasigilli, secondo il quale Caiazza «farà sicuramente parte» dell’organismo, tanto che lui, Bonafede, lo avrebbe coinvolto anche se «un’altra forza politica» non lo avesse proposto. Il fatto è che Caiazza e l’Ucpi ci stanno se si fa sul serio. Non se ci si limita appunto a un «monitoraggio». Il riformismo piuttosto riduzionista a cui il titolare di via Arenula è disponibile «non è una novità, ce ne aveva già fatto cortesemente cenno mesi addietro. Padronissimo, ovviamente, ma l’idea non ci interessava ieri e non ci interessa oggi. Monitorare il funzionamento di un istituto processuale equivale a certificarne la ineluttabilità, rinviando a tempi indefiniti e del tutto ipotetici gli eventuali interventi correttivi». Non è un ultimatum. Ma un contro- appello. Alla chiarezza. Che difficilmente potrà consentire, alla maggioranza, dribbling ubriacanti.