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Il procuratore generale di Bologna Ignazio De Francisci
«Si è trattato di casi circoscritti territorialmente, peraltro tutti ancora al centro di un procedimento penale giunto alla fine delle indagini» e «quindi pronto per la verifica dibattimentale». Il pg di Bologna Ignazio De Francisci riporta l’ordalia sull’inchiesta “Angeli e demoni” sulla terra dell’accertamento giudiziario. La tira giù dall’iperuranio dello scandalismo mediatico, con una acuminatissima stoccata a chi ha strumentalizzato politicamente il caso dei minoro in affido. Lo fa all’inaugurazione dell’anno giudiziario nel distretto del capoluogo emiliano. Proprio quella “concentrazione territoriale, dice il pg, «ha diffuso l’idea che esista un generalizzato sistema Bibbiano, complice una informazione giornalistica non sempre misurata e a volte pressapochista. La polemica politica poi ci ha messo del suo, ma su questo è meglio tacere», è appunto la chiosa tagliente di De Francisci. Sull’attività giudiziaria civile minorile del distretto, comunque, l’indagine sugli affidi in Val d’Enza «ha avuto forti ripercussioni», secondo il procuratore generale, innanzitutto perché «ha imposto un doveroso controllo sui casi interessati», in tutto «otto». Due di questi sono stati definiti con decreto del Tribunale non impugnato dai genitori, in cinque casi si sono avuti collocamenti extra familiari». Il pg, infine, ha spiegato che «si è operato da parte della Procura minorile una attenta valutazione in merito agli effetti sulle decisioni giudiziarie delle ipotizzate azioni delittuose. Ebbene», ha chiarito, «l’esito di tali valutazioni autorizza a ritenere che l’esercizio dell’attività giudiziaria non abbia subito compromissioni di rilievo derivanti dalle condotte oggetto di indagine penale». Una considerazione di grande peso. Così come quelle di Roberto Aponte, presidente vicario della Corte d’appello di Bologna: ««L’unico ed essenziale dato che va in questa sede fortemente ribadito è che va combattuto il messaggio volto a svilire l’istituzione Tribunale per i minorenni, descritto», ha incalzato Aponte, «come uno strumento cieco di coloro che vogliono togliere i figli ai genitori. Viceversa uno scopo perseguito» dal Tribunale per i minorenni, secondo il presidente, è «quello di salvaguardare i minori, se è assolutamente necessario, anche nei confronti della famiglia naturale, ipotesi questa purtroppo non infrequente». Aponte ha quindi concluso che «è sicuramente necessario rafforzare i servizi di sostegno alla genitorialità, investire nella formazione e supervisione di chi opera nel campo delle fragilità famigliari, evitando decisioni troppo solitarie o basate sugli stereotipi del buon genitore e soprattutto della buona madre». Così come, secondo il presidente vicario della Corte d’appello di Bologna, «è anche necessario non adagiarsi nell’idea che la famiglia naturale sia sempre e comunque il luogo più sicuro e migliore in cui crescere. Non sempre purtroppo è così».