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La solidarietà non è reato. Dopo sei anni di indagini, pedinamenti e intercettazioni il gup di Roma ha assolto in abbreviato Andrea Costa, presidente di Baobab Experience, e due volontarie dall’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina perché il fatto non sussiste, accogliendo la richiesta del pm Gianfederica Dito. Un’accusa assurda - per la quale rischiavano fino a 18 anni di carcere - scaturita da una colletta da 250 euro per acquistare biglietti dell’autobus, cibo e prodotti per l’igiene per otto ragazzi sudanesi e un ragazzo ciadiano, in fuga dalle violenze dei rispettivi paesi e decisi a raggiungere il campo della Croce Rossa a Ventimiglia e poi la Francia, dopo essere finiti per strada, ad ottobre 2016, a seguito dello sgombero del centro d’accoglienza allestito in via Cupa, a San Lorenzo. Il 30 settembre, infatti, cinque giorni prima dell’acquisto di quei biglietti che hanno dato il via al tutto, il campo viene smantellato dalla Prefettura, che toglie dunque un tetto a 300 migranti, rifugiati e richiedenti asilo, privati di ogni aiuto. Il tutto in un clima di costante criminalizzazione delle ong, definite in quel periodo «taxi del mare» dalla politica e sulle quali a creare un’ombra di sospetto c’è anche il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro, convinto che le stesse facciano affari con i trafficanti. Quelle inchieste, come noto, sono finite nel nulla: i legami tra volontari e scafisti non sono mai stati dimostrati. Ma l’eco mediatica di quelle accuse, complice una politica intenzionata a criminalizzare l’immigrazione e l’accoglienza, finisce per travolgere i volontari impegnati sul campo. Lo sgombero di San Lorenzo, secondo Baobab, rientra esattamente in quel piano di demolizione dell’accoglienza: «Impossibile anche montare un telo di plastica per mettere al riparo una donna incinta: la polizia interviene con tre camionette e cinque automobili per togliere la precaria protezione dalla pioggia di quei giorni», spiegano i volontari dell’associazione, dal 2015 «in strada» con lo scopo di «sopperire le mancanze delle Istituzioni nella tutela delle persone migranti». La scelta di aiutare quelle nove persone nasce dunque in questo clima. Ma quel che dalle parti di Baobab non sanno ancora è di essere finiti nel mirino della Dda: per mesi, infatti, la vita di Costa viene passata al setaccio, con gli investigatori convinti di aver a che fare non con un’associazione di volontariato, ma con un’associazione a delinquere finalizzata a sfruttare i migranti per trarne profitto. Dalle indagini, però, non emerge nulla. E soprattutto non emerge il presunto profitto: sui conti di Costa l’antimafia trova solo 15 euro di scoperto. Le accuse, dunque, si dissolvono come neve al sole. Ma è a questo punto che gli inquirenti si imbattono nella telefonata in cui Costa parla dei nove migranti intenzionati a raggiungere la Francia. Da qui l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina: Costa e le due volontarie vengono di fatto equiparate ai trafficanti, quelli che, quotidianamente, sfruttano la disperazione di migliaia di persone in fuga, speculando sulla loro fragilità. Ma mentre i trafficati portano via ai migranti in fuga tutti i risparmi di una vita, a Costa è bastata una colletta per finire nella lista degli aguzzini. Il tutto mentre dopo anni «di accanimento contro le ong, nessun trafficante di esseri umani è stato assicurato alla giustizia». A garantire la confusione tra buoni e cattivi è anche la politica: «La direttiva 2002/90/CE del Consiglio – nota come “Facilitation Directive”, fornisce una definizione comune del concetto di favoreggiamento dell’immigrazione illegale e stabilisce che gli Stati membri possono introdurre una clausola umanitaria, che mette gli operatori e i volontari che prestano assistenza umanitaria al riparo dal rischio di finire sotto processo - afferma Baobab in una nota -. Ovviamente l’Italia si è ben guardata dal farlo. Ancora oggi, nel nostro ordinamento, non è stata introdotta alcuna differenza tra trafficanti di esseri umani e solidali: viene il dubbio che il fine non sia quello di combattere la criminalità organizzata, l’abuso, il raggiro e la tratta di esseri umani. È invece sempre più evidente che il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, così come disciplinato in Italia, voglia demonizzare – gettando fango sulle associazioni di volontariato e mortificando e scoraggiando l’aiuto umanitario – la migrazione stessa e precludere la possibilità di uomini, donne e bambini di mettersi in salvo da conflitti, violenze e fame». E nel frattempo, le cronache ci restituiscono una realtà più feroce: è stata la stessa Europa a finanziare la Guardia costiera libica, coinvolta nella tratta dei migranti e nelle torture. «Sono soddisfatto perché un giudice ha sancito quello che già sapevo: che il fatto non sussiste, ora c’è qualcuno che lo ha messo nero su bianco - ha commentato Costa dopo la sentenza -. In questi anni è stata dura sapere di essere sotto indagine pur avendo la consapevolezza di avere agito in modo corretto. Rifarei tutto, continueremo ad aiutare le persone che hanno bisogno così come sta avvenendo per i profughi che arrivano dalla Ucraina». Soddisfatto il difensore di Costa, l'avvocato Francesco Romeo, secondo il quale «è un’assoluzione dovuta, raggiunta attraverso una lettura costituzionalmente corretta della norma sul reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina». Un processo «che è senza alcun dubbio politico», secondo i volontari di Baobab, che nei giorni scorsi hanno svelando all’opinione pubblica l’indagine, tenuta sotto silenzio a lungo proprio «per non darla vinta a chi ci ha voluti coinvolgere» e per «continuare a fare quello che abbiamo sempre fatto – offrire soccorso a donne, uomini e bambini migranti – con la convinzione di essere nel giusto».