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Un punto d’incontro c’è: la riforma del Csm. Il resto per ora fa parte dei satelliti. Ma nel cuore del sistema solare giallo- rosso, la giustizia entra eccome. Non solo nelle parole di Giuseppe Conte, che dopo la formale assunzione dell’incarico si limita all’affer-mazione di valori per una «giustizia ancora più equa». La convergenza almeno parziale su uno dei dossier da sempre “caldi” è nero su bianco anche nel documento congiunto messo a punto la sera prima dagli sherpa dei due partiti. Una task force che va dal capogruppo dei pentastellati alla Camera Francesco D’Uva a un dirigente dem come Andrea Martella, coordinatore della segreteria e non a caso tra i più vicini, da sempre, all’ex guardasigilli Andrea Orlando.
C’è dunque una notizia certa: dell’ampio ddl messo a punto da Alfonso Bonafede ( e “respinto” dalla Lega) verrà senz’altro messa al sicuro la parte che ridisegna l’organo di governo autonomo dei magistrati. Sia riguardo al sistema per eleggere i togati, con il ricorso al sorteggio per individuare i candidabili e limitare le correnti, sia rispetto alla composizione, con il numero dei consiglieri innalzato da 26 e 30 e la “specializzazione” dei componenti assegnati alla sezione disciplinare, che non potranno far parte di alcuna altra commissione.
Ma l’intesa già trovata su un tema così delicato - che implica una scelta netta sulla magistratura - non va colto come un’eccezione. Preannuncia, anzi, una parziale convergenza tra le due figure che daranno le carte in materia di giustizia: lo stesso ministro uscente, e in via di riconferma, Alfonso Bonafede, e il suo predecessore, Orlando appunto.
È evidente che, se esistono materie destinate a vederli contrapposti, a cominciare dalle intercettazioni, ce ne sono altre sulle quali sono destinati a un’intesa assai più stabile della rapsodica convivenza Bonafede- Bongiorno. E se nella seconda categoria la riforma del Csm è già formalmente inclusa, lo sarà a breve, e anzi lo è già nei fatti, anche la riforma costituzionale sul ruolo dell’avvocato. Poche settimane prima che deflagrasse la crisi con la Lega, infatti, Orlando aveva tenuto a rassicurare Bonafede sulla propria disponibilità a sostenere il ddl sulla professione forense. D’altronde lo stesso Cnf, che sollecita la politica a sancire nella Carta la “libertà e indipendenza” dell’avvocato, ha fin dall’inizio auspicato che sul tema potessero convergere tutte le forze politiche», per citare Andrea Mascherin. Convergenza possibile a maggior ragione ora.
Se infatti il vicesegretario dem è prontissimo a schierare il suo partito per l’avvocato in Costituzione, lo è anche la Lega: il ddl che introduce la riforma, infatti, ha come primo firmatario il capogruppo del Movimento al Senato Stefano Patuanelli, ma è sottoscritto anche dal presidente dei senatori del Carroccio, Massimiliano Romeo.
Il testo, che integra l’articolo 111 e che afferma innanzitutto l’imprescindibilità dell’avvocato nel processo, è assegnato alla commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama. L’esame non è ancora iniziato anche per scelta del leghista che guida la prima commissione, Stefano Borghesi, rigoroso nel voler evitare ingorghi nel calendario e determinato dunque ad avviare l’esame del ddl sulla professione forense solo dopo il definitivo via libera al taglio dei parlamentari.
Ma è chiaro che l’imprevedibile cambio di maggioranza rafforza eccome la spinta a favore della legge 1199. Tra la linea sulla giustizia di Bonafede e quella adottata, nella legislatura precedente, da Orlando, c’è infatti un’analogia evidente: entrambi hanno fin dall’inizio stabilito un rapporto di intenso confronto con gli avvocati, e in particolare con il presidente del Cnf Mascherin.
Non una sintonia assoluta: se tra l’avvocatura e Bonafede resta il solco aperto dalla “nuova” prescrizione, con Orlando non è ancora chiusa la ferita della riforma penitenziaria lasciata incompiuta. Ma entrambi hanno subito riconosciuto la centralità dell’avvocatura nella giurisdizione e la necessità di assegnarle un’autonomia assimilabile a quella dei magistrati. Ora, con l’intesa che vede l’asse sulla giustizia imperniato proprio su Bonafede e Orlando, il riconoscimento costituzionale della professione forense è davvero a portata di mano.