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Un giornalista dell’Espresso, molto famoso, Lirio Abbate, ieri ha pubblicato su Facebook un post che potrebbe essere stampato sui libri che studiano il linguaggio dell’odio e della volgarità negli anni 10 del XXI secolo.
Ha scritto Abbate, rivolto a Cesare Placanica, presidente della camera penale di Roma: «Le infamità e le calunnie vomitate ieri in un’aula di giustizia da un para- difensore presidente di categoria a Roma hanno eguali solo ad affiliati alla mafia. Para- difensore, dico a te che leggi questo post: di te e dei tuoi amici criminali che ti pagano, non ho paura. Ho la coscienza pulita per affrontarti. Il fango che tu e i tuoi amici mafiosi volete spargere sulla mia correttezza professionale vi si ritorcerà sommergendovi».
In serata la federazione della stampa è intervenuta, a sorpresa, non per chiedere scusa, ma per difendere Abbate e chiedere interventi del ministro contro Placanica. IL VICEDIRETTORE DELL’ESPRESSO È PREOCCUPATO PER IL CASO MONTANTE?
«Ho la coscienza pulita per affrontarti. Il fango che tu e i tuoi amici mafiosi volete spargere sulla mia correttezza professionale vi si ritorcerà sommergendovi», tuona il vicedirettore de L’Espresso Lirio Abbate tramite un post su Facebook. Si rivolge direttamente all’avvocato Cesare Placanica, Presidente della Camera Penale di Roma, riferendosi alla sua arringa di giovedì scorso durante il processo d’appello giornalisticamente battezzato “Mafia Capitale”, concentrata sulla tesi della Procura romana - respinta dai giudici di primo grado – sulla presunta natura mafiosa del sodalizio tra Buzzi e Carminati. Il giornalista dell’Espresso ha definito Placanica un «para- difensore presidente di categoria» che avrebbe «vomitato infamità e calunnie» nei suoi confronti che «hanno eguali solo ad affiliati alla mafia». Il suo commen- to sul social network è stato considerato particolarmente feroce, associando di fatto la figura del difensore ai criminali e alla criminalità mafiosa da lui assistita nel processo.
Ma cosa ha detto l’avvocato Placanica durante la sua arringa da generare un commento del genere? Probabilmente Abbate si riferisce a due passaggi del suo intervento durato un’ora e mezzo, volto a smontare la ricostruzione fatta dai pubblici ministeri, quando ha fatto cenno a due situazioni che coinvolgerebbe-ro Abbate. Il primo è relativo al caso giudiziario del sistema Montante, quando dall’informativa ( riportata da Il Dubbio) che la polizia giudiziaria ha consegnato alla Dda di Caltanissetta, sono emersi nomi di giornalisti che avrebbero avuto frequentazioni con l’ex presidente della confindustria siciliana Antonello Montante, il quale - secondo la tesi della procura di Caltanissetta - avrebbe avvicinato alcuni giornalisti per adoperarsi a far sì che le redazioni di alcuni quotidiani venissero, in un certo senso, redarguite e manipolate, per non scrivere notizie negative sul suo conto o su quello di soggetti a lui vicini.
Dall’informativa il nome di Abbate viene fuori a partire dalla testimonianza resa da Maria Sole Vizzini, revisore contabile dell’Ast, a pro- posito del tentativo di fusione tra la stessa società e la Jonica Trasporti, partecipata della Regione di cui Montante possedeva una piccola quota che, in caso di fusione e successiva privatizzazione dell’Ast, avrebbe comportato per Montante il diritto di prelazione sull’acquisto delle azioni in vendita. È nell’informativa che si legge «i legami dell’Abbate Lirio con il Montante sono cristallizzati agli atti d’indagine». In effetti gli inquirenti alludono al file excel denominato “copia di appunti in ordine cronologico” dove nella cartella “tutti” si rintracciano gli appunti relativi agli incontri di Montante con il giornalista, rassegnati in una tabella.
L’avvocato Placanica durante l’arringa ha esclamato: «Perché non le scrivono queste cose sui loro giornali, perché non le trovate?». Ha anche tenuto a precisare che lui considera Montante innocente fino a prova contraria e ha detto di essere contento che queste notizie relative a presunti rapporti con i giornalisti, non sono stati dati in pasto all’opinione pubblica «sempre più becera».
Altro passaggio che avrebbe fatto scatenare la reazione di Abbate, riguarda il famoso furto al caveau della città giudiziaria di piazzale Clodio, a Roma, avvenuto la notte tra il 16 e 17 luglio del 1999. L’avvocato Placanica, soprattutto in questo caso, ha indirizzato espressioni polemiche e sferzanti - connesse ai temi di difesa che stava affrontando – nei confronti di un giornalista, definendolo «cialtrone» e sottolineando «mi rifiuto di fare il nome». Ma giustamente, il giornalista de L’Espresso, si è sentito parte in causa perché fu lui che scrisse un’inchiesta sul famoso furto dove sostenne che Carminati si impossessò di documenti riservati per ricattare la Repubblica italiana. In effetti, Abbate pubblicò un libro dove viene riportata la lista indicante le cassette di sicurezza piene di documenti scottanti che avrebbero concesso una specie di “impunità” all’ex- Nar Carminati in virtù del materiale acquisito con la rapina. Ci sono nomi di giudici, avvocati, tutte persone che sarebbero state sotto ricatto per farsi aggiustare i processi. Il problema è che non uno dei giudici citati è segnalato come titolare, all’epoca, d’inchieste scottanti su Carminati o su chissà quale altro “potere occulto”. Abbate non cita neanche una sentenza su cui possa gravare il sospetto di essere stata “aggiustata” per compiacere qualche “sodalizio criminale”.
Una lista che però non ha avuto nemmeno un effetto immediato visto che furono arrestati e processati tutti gli autori del colpo, Carminati compreso. L’avvocato Placanica, durante l’arringa, è stato costretto a parlare di questo furto e della tesi di Abbate, perché la vicenda è stata evocata anche dai Pm durante la requisitoria.