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Da 30 anni non è stata concessa nessuna amnistia nonostante servisse per ripristinare la legalità. Tranne la parentesi dell’indulto del 2006, se fino agli anni novanta sono stati frequenti i provvedimenti di amnistia e indulto, dal 1992 ad oggi si sono bruscamente interrotti. Nel frattempo però è aumentata la bulimia carcerocentrica e l’uso populistico della giustizia penale alimentata con i vari pacchetti sicurezza, l’introduzione di nuovi reati, gli inasprimenti della pena e le recenti riforme dettate dalla volontà popolare fuorviata da varie propagande giornalistiche. Sono questi e tanti altri fattori annessi che hanno ingolfato le procure, tanto che – gli stessi magistrati – di fatto si trovano a valutare chi perseguire e chi no. L’amnistia, tra l’altro, non è stata nemmeno concessa nonostante la sentenza della Corte Costituzionale del 2014 sulla legge delle droghe, che ha reso illegittime migliaia di condanne erogate sulla base delle norme abrogate. Sì, perché l’amnistia serve anche per ripristinare la legalità. Ma se l’amnistia e l’indulto non vengono concesse, il motivo è da ritrovarsi alla revisione dell’articolo 79 della Costituzione approvata nel 1992, anno ben preciso quando sono scoppiate le bombe a Capaci e Via D’Amelio e la “bomba” di tangentopoli. Tale revisione ha previsto un quorum deliberativo elevatissimo, ovvero la maggioranza dei 2/ 3 dei componenti di ciascuna Camera, articolo per articolo e nella votazione finale. Questo è il principale motivo dell’astinenza da provvedimenti di clemenza.
Nel 2018 questo tema è stato affrontato durante un seminario promosso da “La Società della Ragione”, una delle realtà associative impegnate nella riflessione culturale e nell’azione politica riformatrice in materia di giustizia, diritti, pene. Da qui è scaturito il libro “Costituzione e clemenza. Per un rinnovato statuto di amnistia e indulto” curato dai professori Andrea Pugiotto, Stefano Anastasia e Franco Corleone. Questo volume si è posto l’obiettivo di restituire agibilità, politica e giuridica, agli strumenti di clemenza collettiva coerentemente con il disegno costituzionale del diritto punitivo. Qui si sono confrontati costituzionalisti, penalisti, studiosi del processo penale, magistrati e avvocati. L’appendice del volume contiene il testo di un disegno di revisione costituzionale che disciplina gli istituti dell’amnistia e dell’indulto, facendoli rientrare in un recinto ben preciso: il divieto di pene inumane e il loro finalismo rieducativo.
Utopia? Forse no, visto che tale proposta è stata recentemente raccolta trasversalmente dai deputati Riccardo Magi (+ Europa), Enza Bruno Bossio ( Partito Democratico), Roberto Giachetti e Gennaro Migliore ( entrambi di Italia Viva). Hanno depositato la proposta di legge costituzionale n. 2456 che già da un mese risulta assegnata alla I Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati. La proposta di legge prefigura un’inedita architettura degli istituti di amnistia e indulto, ripensati nei presupposti, nella procedura, nei controlli di legalità, e orientati al disegno costituzionale del finalismo penale.
Vale la pena riportare un passaggio interessante della proposta di legge che cristallizza il fulcro del problema. I deputati sottolineano il fatto che, contrariamente alle previsioni, con il congelamento degli istituti di clemenza collettiva sono crollate anche le grazie individuali, anche a causa dei vincoli stabiliti dalla sentenza n. 200 del 2006 della Corte costituzionale che, nel momento in cui riconosceva al Capo dello Stato la titolarità effettiva del potere di grazia, lo limitava a «eccezionale strumento destinato a soddisfare straordinarie esigenze di natura umanitaria», fino a rendere anch’essa «una improbabile meteora nella realtà della giustizia e dell’esecuzione penale in Italia». I deputati osservano che la sparizione della clemenza ha dunque causato un problema di equilibrio nel sistema. «La questione degli abusi passati è certamente un problema ed è auspicabile che non si ripetano», chiariscono i deputati, ma «se tutti i sistemi di giustizia ammettono l’esistenza di poteri ( inevitabilmente politici) di clemenza, una ragione ci sarà ed è davvero troppo facile riferirla esclusivamente alla tradizione arbitraria del principio di sovranità pre- democratico». Ma ciò che si sottolinea con forza è «che in qualsiasi sistema giudiziario il principio di clemenza costituisce l’elemento destinato a bilanciare gli eccessi possibili del principio di legalità penale».
La onlus “La società della Ragione” ha deciso di sostenerne il cammino parlamentare di questa proposta di legge costituzionale. Per questo ha indetto una riunione venerdì prossimo con l’intento di promuovere un seminario quest’estate coinvolgendo parlamentari, rappresentanti della magistratura e dell’avvocatura associata, giornalisti, rappresentanti di realtà associative impegnate nel campo dei diritti umani e della giustizia.