Ospiti del "Dubbio", il magistrato
Eugenio Albamonte, attuale capo corrente di
Area, e l'avvocato
Gian Domenico Caiazza, presidente delle Camere Penali italiane, hanno affrontato diversi temi sulla giustizia. «Ci sono una serie di comunicazioni scriteriate da parte dei magistrati» ha detto Albamonte. «Mi riferisco alla comunicazione pubblica, ma rispetto a questi eccessi, che non condivido, se qualcuno utilizza argomenti inappropriati o si esprime in modo inappropriato in relazione alla funzione che riveste non è che se uno, due o tre magistrati,
per quanto possano avere ruoli apicali, trascendono nel parlare allora è un problema della magistratura».
Il ruolo dei magistrati
Ogni magistrato, avverte Albamonte, «dovrebbe rendersi conto che quando parla agli occhi del cittadino rappresenta la magistratura intera, e se parla in modo inadatto fa un danno alla magistratura.
Non dobbiamo chiudere la possibilità di comunicazione pubblica e di partecipazione al dibattito solo perché qualcuno eccede nei modi», conclude. Distinguere tra i limiti posti alla comunicazione di procuratori e pubblici ministeri prevista dallo schema di decreto legislativo che contiene disposizioni per l’adeguamento alla direttiva Ue sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e gli «eccessi» di «comunicazioni scriteriate» che si possono attribuire ad alcuni magistrati». «Una cosa è la nuova direttiva sulla presunzione di innocenza che riguarda un certo tipo di comunicazione che è la comunicazione giudiziaria e che afferma un principio sacrosanto, già affermato nella costituzione e nei principi cardine della vita del paese, che è appunto la presunzione di innocenza - spiega Albamonte -
Rispetto a quello gli unici che devono preoccuparsi sono le persone che sono abituate a enfatizzare le loro attività e darne estrema pubblicità anche quando sono di scarso interesse, evidentemente per profilazione personale, o quelli che non sono in grado di ricostruire e narrare un fatto per quello che può interessare l’opinione pubblica, senza scadere in una prognosi di colpevolezza anticipata». E su questo «condivido l’approccio».
Parola a Caiazza
«Il tema non è quello dei divieti, ma che occorre adottare misure più efficaci per spezzare questo cerchio che si è creato tra l’iniziativa legittima nella fase inquirente di ipotizzare che qualcuno stia commettendo un reato e l’idea che si debba già formare un giudizio su questo comportamento attraverso la rappresentazione che si fa delle operazioni con il film delle indagini, o anche la denominazione delle indagini che entra nell’immaginario collettivo e che può dare il suo contributo».
Gian Domenico Caiazza ha risposto così nel confronto con Eugenio Albamonte, organizzato dal "Dubbio", a una domanda su quanto previsto dallo schema di decreto legislativo per il recepimento della direttiva Ue sulla presunzione di innocenza, all’esame della commissione Giustizia della Camera, in tema di limiti alla comunicazione da parte di procuratori e pubblici ministeri. «Immaginare che questo si risolva ponendo qualche limite comunicativo è illusorio - ha sottolineato Caiazza -
Si tratta di comprendere natura e limiti delle indagini, ma se questo senso del limite non lo ha innanzitutto il protagonista dell’indagine, l’ufficio di procura, la polizia giudiziaria, è difficile chiederlo ad altri».