PHOTO
Inizierà il prossimo 30 marzo il processo nei confronti di Luigi “Jimmy” Palma, il medico romano con passaporto statunitense accusato di avere messo in piedi un traffico di farmaci oppiacei da 21 milioni di dollari attraverso una serie di cliniche del dolore sparse tra la Florida e il Tennessee. Dopo una combattutissima battaglia legale durata un paio d’anni, nel maggio scorso, gli Stati Uniti erano riusciti ad ottenerne l’estradizione e, storia di qualche settimana fa, una squadra di Marshal si è presentata a Locri in provincia di Reggio Calabria, dove Palma era detenuto dopo il suo arresto, per portarlo a Noxville, Tennessee, dove sarà sottoposto a processo. Rischia una condanna a oltre 200 anni di reclusione.
Accusato di traffico di stupefacenti, estorsione e riciclaggio dal Procuratore generale per il distretto del Tennessee, l’oculista romano che si era reinventato come pezzo grosso nel giro delle cliniche del dolore statunitensi, era tornato in Italia disertando così l’udienza preliminare davanti ai magistrati americani. Una fuga però destinata a durare poco. Sulle sue tracce ci sono infatti gli investigatori della Dea e quelli dell’Interpol che lo scovano a Roma dove si era rifugiato, nel 2018. Arrestato e successivamente scarcerato per decorrenza dei termini, Palma è terrorizzato dalla possibilità più che concreta di essere trasferito negli Stati Uniti. Teme una condanna che potrebbe non vederlo mai più uscire dal carcere e decide, pochi giorni prima che il tribunale di Roma ne disponga l’arresto in seguito al decreto di estradizione emesso dal ministero della Giustizia, di scappare nuovamente. Una latitanza su cui rimangono tanti punti oscuri e che finisce dopo poco meno di sei mesi, siamo ormai a ottobre dello scorso anno, nel modo più banale. «Avevo voglia di una granita» ha raccontato il medico fuggiasco ai carabinieri che increduli si erano ritrovati tra le mani quel signore dall’aria distinta, ricercato da una decina di diverse agenzie investigative tra Italia e Usa. Era in macchina in compagnia di un cittadino canadese di origini calabresi, quando i carabinieri lo hanno fermato per un controllo tra Locri e Gerace, lontano all’incirca 10 mila chilometri dal tribunale federale che ne ha disposto la cattura. Recluso a Locri, Palma riceve in carcere la visita del suo legale Giorgio Tamburrini che ha tentato, invano, di contrastare il decreto di estradizione e gli racconta quello che gli toglie il sonno. «Ho paura di essere giudicato da una giuria di contadini del Tennessee, gente che quando sente la parola droga prende in mano il forcone. Se finisco davanti a un giudice americano, di sicuro non esco più dal carcere».
«Un cittadino con doppia nazionalità è stato estradato dall’Italia negliUsa – scrive il dipartimento di Giustizia americano – il servizio Marshall ha effettuato il trasporto di Luigi Palma dalla Calabria a Noxville, Tennessee». Un comunicato stringato che segna l’inizio di un processo che rischia di costargli un paio di secoli di carcere. Pesantissime le accuse nei confronti del medico romano che siederà sul banco degli imputati assieme ad un altro italiano con doppio passaporto, il sessantenne Luca Sartini, anche lui latitante in Italia dopo l’incriminazione e estradato oltreoceano nel giugno del 2020. Secondo la ricostruzione degli agenti della Dea e del Fbi, Sartini e Palma sarebbero a capo di un’associazione che, attraverso finte prescrizioni mediche ad altrettanto farlocchi pazienti avrebbe immesso sul mercato nero dei “pills addicted”, una montagna di farmaci a base di morfina, oximorfone e oxicodone, lasciandosi alle spalle una scia indefinita di morti per overdose.
Palma, durante il processo d’estradizione e negli interrogatori di garanzia, si è sempre professato innocente. Cosa che ha fatto anche durante l’udienza “americana” del dicembre scorso, in cui il giudice distrettuale Debra Poplin lo ha incriminato formalmente. Nell’aula della corte federale di Noxville, Palma ha poi rinunciato all’udienza per chiedere la libertà su cauzione. Da allora, Jimmy Palma, il medico oculista che aveva lasciato un comodo lavoro nella Capitale per volare negli Stati Uniti prima di finire invischiato in un presunto traffico di droga, resta in attesa dell’inizio del processo a suo carico previsto per il prossimo trenta marzo. Processo che, anche se le possibilità appaiono piuttosto remote, potrebbe restituirgli la libertà. Contadini del Tennessee permettendo.