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41 bis Il detenuto al 41 bis ha il diritto di leggere la stampa locale ( che non riguarda il proprio territorio di appartenenza) e nazionale non compresa nel modello 72, la circolare del Dipartimento dell’amministrazione penitenziario che ha uniformato le regole per tutti gli istituti penitenziari che ospitano il regime duro.
Parliamo di un reclamo accolto dal tribunale di sorveglianza di Sassari, dove il detenuto calabrese Domenico Gallico, ristretto al 41 bis del carcere sardo di Bancali, ha reclamato – tramite l’avvocata Maria Teresa Pintus - il divieto da parte della direzione dell’istituto penitenziario circa l’acquisto dei giornali locali e anche quelli nazionali che non compaiono nella circolare del 2017.
Il reclamo di Gallico Secondo il detenuto, venivano lesi i suoi diritti all’informazione e vi era stata una indebita sostituzione all’autorità giudiziaria, come contemplato dall’articolo 18 ter dell’ordinamento penitenziario.
Il magistrato di sorveglianza ha osservato che tale limitazione incideva sul diritto oggettivo all’informazione ( l’articolo 21 della Costituzione), ponendosi anche in conflitto con gli articoli 12 e 15 dell’ordinamento penitenziario, quelli che garantiscono ai detenuti di accedere ad attività culturali e quindi anche attraverso l’informazione. Ma non solo.
Il magistrato ha osservato come l’articolo 18, modificato con il decreto 123, ribadiva la garanzia dell’informazione, mentre la valenza trattamentale emergeva anche dall’articolo 18 ter il quale prevedeva che limitazioni nella ricezione della stampa potessero essere poste solo con provvedimento dell’autorità giudiziaria e per un tempo definito.
Diritto ad informarsi La limitazione di acquisto di giornali della Sardegna, quindi, secondo la magistratura di sorveglianza, ledeva il diritto ad informarsi sulla regione dove è ospitato il detenuto.
Ha riportato, inoltre, quanto stabilito dalla Corte Costituzionale, secondo la quale, reprimere la tutela di un diritto fondamentale è illegittimo se non corrisponde ad un incremento di tutela di interesse di pari rango, e riteneva che il divieto non rispondeva a effettive esigenze correlate ai flussi comunicativi.
In sostanza, la magistratura di sorveglianza, ha escluso che il contenuto della stampa potesse creare un pericolo per esigenze di prevenzione: esiste l’ufficio di censura che, legittimamente, ha la capacità di controllo e può quindi trattenere pagine sospette.
In sintesi, l’unica regola che andava fatta rispettare, era il divieto dei quotidiani dell’area geografica di appartenenza. Infatti, di volta in volta, il magistrato di sorveglianza – su richiesta della Direzione del carcere – ha limitato l’acquisto della sola stampa locale dell’area di appartenenza, ma non della stampa locale in assoluto.
C’è anche il discorso della stampa nazionale. La circolare del 2017, in effetti, fa anche una selezione di giornali, escludendone altri. Il caso è stato sollevato proprio due anni fa da Il Dubbio.
La circolare del Dap A pagina 51 della circolare del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, infatti, c’è la tabella dove vengono riportati nero su bianco tutti i quotidiani nazionali e le riviste consentite.
Si viene così a sapere che al 41 bis, i detenuti possono acquistare La Repubblica, Il Corriere della sera, Il Giornale, Il Giorno, Il Messaggero, Il Sole 24 ore, il Fatto Quotidiano e Italia Oggi.
Però vengono esclusi Avvenire, Il Manifesto, Il Foglio, Il Dubbio e Il Mattino, quotidiani a tiratura nazionale che, seppur diversi tra loro, portano avanti delle critiche riguardante il nostro sistema penale.
Per quanto riguarda le riviste, i detenuti al 41 bis hanno varie scelte: da Chi, Di Più, passando per Diva, la Settimana Enigmistica, Panorama e l’Espresso. Mentre però non compare Ristretti Orizzonti, una rivista – conosciuta soprattutto tra gli addetti ai lavori e giornalisti che si occupano di questi temi – fatta in carcere a Padova e che informa sulla giustizia e sull’esecuzione della pena. La ratio della selezione è che vengono contemplati i soli giornali a più ampia diffusione nazionale.
Anche in questo caso, il magistrato di sorveglianza è chiarissimo. Sottolinea l’esistenza di una evidente limitazione. «Per due motivi – scrive il magistrato -: il concetto di quotidiani a più ampia diffusione nazionale è diverso da quello di quotidiani a tiratura nazionale. Se invece dovesse prevalere tesa a fa coincidere i due concetti, dovrebbe rivelarsi un contrasto tra la disposizione della circolare e le norme di legge». Sempre secondo il magistrato, «conflitto, ovviamente, da risolvere in favore delle seconde».