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Un lavoro ben svolto, fino alla fine. Un Comune che incassa ma non paga. E il mestiere di avvocato, ancora una volta, vituperato dallo Stato. Non una, ma ben due volte. Protagonista della vicenda è l’avvocato Giuseppina Tuscano, chiamata a rappresentare il Comune di Palizzi, frangia estrema della Locride, in provincia di Reggio Calabria, contro tre consiglieri di minoranza, intenzionati ad ottenere una dichiarazione di incandidabilità dell’allora sindaco Arturo Walter Scerbo. Tuscano vince due volte, ma quando è il momento di farsi pagare dal Comune arriva solo il silenzio. E ciò nonostante al posto del sindaco ci sia, ormai, una Commissione nominata direttamente dal Presidente della Repubblica, che ha certificato l’infiltrazione mafiosa dell’ente. Così, dopo una serie di richieste rimaste per lo più senza risposta, Tuscano si trova costretta a rivolgersi alla procura, semplicemente per chiedere quanto dovuto.
La vicenda inizia nel 2015, quando l’avvocato si presenta, su richiesta del Comune, davanti al Tribunale di Locri e vince: il primo cittadino è legittimato a rimanere in carica. Tocca, allora, ai tre consiglieri pagare le spese di lite, che in primo grado ammontano a circa 3.800 euro. Somme che non vengono versate spontaneamente dai tre rendendo necessario, dunque, un recupero coattivo. Tuscano invia la fattura al Comune, che recupera le somme ma non paga. E così inizia il lungo carteggio, quasi totalmente a senso unico, lungo tre anni, dal 2016, anno della sentenza, al 2019, con il quale l’avvocato chiede di vedersi riconosciuto il lavoro svolto. Anni in cui al Comune arrivano, intanto, anche la Commissione di accesso agli atti e quella straordinaria, nominata dopo lo scioglimento dell’amministrazione comunale. Ma nulla da fare: dal Comune, sia prima sia dopo l’azzeramento degli organi amministrativi, tutto tace. Così, a marzo scorso, il legale ribadisce la richiesta, comprensiva, questa volta, degli interessi. La risposta, però, è sempre la stessa: il silenzio. Ma il debito del Comune è destinato a crescere. I tre consiglieri di minoranza, infatti, non si danno per vinti e propongono ricorso in appello. E il Comune, nonostante il debito nei confronti di Tuscano, le riconferma il ruolo di difensore. L’avvocato vince nuovamente, ma ancora una volta, per recuperare le somme, si procede a pignoramento. Il copione si ripete uguale: Tuscano invia tre solleciti al Comune, poi la fattura, che viene contestata perché incompleta. Fino a quando nella vicenda entra in gioco un altro avvocato: il nuovo legale dell’Ente. Che chiede gli atti necessari per verificare la veridicità del credito, atti, di fatto, necessariamente in posseso del Comune, come delibere e relativi impegni di spesa. Tuscano, dopo l’iniziale sbigottimento, invia quanto richiesto, domandando, contestualmente, lumi sulle somme dovute. Ma niente: ancora una volta il Comune si trincera dietro il silenzio. Da qui il ricorso al Tribunale e l’ottenimento di un decreto ingiuntivo, con la speranza, finalmente, di ottenere quanto dovuto, così come stabilito dal Tribunale di Reggio Calabria: 14.487,54 euro più interessi. L’atto viene notificato il 20 luglio scorso e Tuscano, questa, volta, è speranzosa: si tratta, in fondo, di soldi che il Comune ha incassato e che spettano di diritto all’avvocato che ha consentito all’Ente di vincere la causa.
Ma l’ennesimo colpo di scena non si fa attendere: il 31 luglio la Commissione straordinaria dichiara il dissesto. E così ogni possibilità di recuperare quelle somme sembra sfumare. Del dissesto finanziario, si legge nell’esposto presentato dall’avvocato Tuscano in procura, la stessa viene informata dal nuovo legale dell’ente, con una lettera, datata 24 agosto, nella quale il credito viene contestato «integralmente quanto all’esistenza, alla certezza, liquidità ed esigibilità». Insomma, una nuova beffa. Eppure, ricorda Tuscano, si tratta semplicemente «di somme delle quali il Comune si è appropriato ingiustamente ed illegittimamente, in quanto spettanti integralmente ed esclusivamente all’avvocato a titolo di spese legali». Da qui l’accusa di appropriazione indebita mossa nei confronti del Comune. Ma non solo: le fatture emesse dall’avvocato hanno comportato anche un esborso per il pagamento dell’Iva e delle tasse ed «avendo già da tempo avviato la procedura per la dichiarazione di dissesto - continua l’esposto - si è deliberatamente proceduto ad una distrazione delle somme».
Il rammarico dell’avvocato è enorme: a non pagare, infatti, è stata proprio quella Commissione spedita da Roma per risanare le criticità di un ente considerato “infetto”, gente che, dunque, dovrebbe rappresentare una garanzia di legalità. «Quanto accaduto in danno della scrivente conclude Tuscano - ha avuto luogo nel mentre, dentro il Comune, operavano rispettivamente una Commissione d’accesso antimafia ( con funzioni accertative) prima e una Commissione straordinaria nominata direttamente con decreto del Capo dello Stato ( con funzioni di gestione) dopo, indiscussi presidi di legalità, cui va il “merito” di non aver gestito come avrebbero dovuto le somme riscosse a titolo di spese legali».