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piersanti mattarella
«Sono nato 6 anni dopo la morte di mio nonno». Comincia così il racconto di Piersanti Mattarella, avvocato omonimo del presidente della Regione Sicilia ucciso dalla mafia nel 1980, al Festival della Giustizia Penale di Modena in corso di svolgimento online. «Come le vittime delle mafie possono contribuire all’antimafia?», si è chiesto Mattarella. «Lo Stato ha l’obbligo di assistere le vittime, ma non è scontato che le vittime contribuiscano all’antimafia, ad esempio con la propria testimonianza. Ho subito indirettamente le conseguenze della vicenda, ho vissuto l’assenza insieme all’onere e all’onore di portare il nome di mio nonno. Far conoscere i diversi percorsi di vita, le storie e i valori delle vittime di mafia è importante: le vittime di mafia sono pilastri della storia del nostro Paese e meritano che le loro storie vengano conosciute anche dalle nuove generazioni. In quest’ottica è necessario che il familiare della vittima non sia solo un testimone, ma che riesca a dare una voce concreta al proprio vissuto familiare dentro la storia del Paese». Mattarella ha tratteggiato allora la vita del nonno, fratello del Presidente della Repubblica, Sergio: «Fu sostenitore della dottrina sociale cattolica, entrò nella Democrazia Cristiana nei primi anni ’60 e a soli 32 anni entrò nell’assemblea regionale siciliana e si fece notare per trasparenza e cura del bene comune. Nel 1978, a 43 anni, venne eletto alla presidenza della Regione, con l’appoggio esterno del Pci di Pio La Torre. Fu molto fermo e deciso nel mettere un freno alla speculazione edilizia approvando la legge urbanistica e tentò di fare una programmazione a lungo termine delle risorse regionali. Andò contro i centri di interessi e di potere occulti, infiltrati dalla mafia, ed ebbe la forza di prendere le distanze con la parte più marcia della Dc di quei tempi. Fece un discorso molto duro contro la mafia ricordando Peppino Impastato, e fu un seguace politico di Aldo Moro. Il nonno venne ucciso il 6 gennaio 1980: i magistrati dell’epoca trovarono un filo conduttore con l’omicidio del segretario della Dc siciliana Reina, nel 1979, e quello di Pio La Torre nel 1982. Tuttavia depistaggi, false testimonianze, sparizioni di prove e documenti portarono fuori strada. I Nar, gruppo di estrema destra, furono indagati e poi anche la mafia: secondo Giovanni Falcone Piersanti Mattarella sarebbe stato ucciso perché la sua azione di rinnovamento confliggeva con Cosa Nostra e soprattutto con i corleonesi, che si servirono dell’intervento dei terroristi di destra». Anche il finale è didascalico, quanto amaro: «Il processo si è chiuso con la condanna dei mandanti corleonesi, ma ancora oggi a 41 anni dall’omicidio non si conoscono i nomi degli assassini di Piersanti Mattarella e non si è fatta ancora luce su quanto sia realmente accaduto il 6 gennaio del 1980».