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Bonus 200 euro: le domande dalle 12 di domani a Cassa forense
È una costante, fin dall’esordio in Parlamento della prima legge: sull’equo compenso professionale le tensioni non finiscono mai. È così anche ora che il Senato ha tra le mani un testo compiuto, già approvato alla Camera. Poco fa in commissione Giustizia il relatore del provvedimento, Emanuele Pellegrini della Lega, ha chiesto di stringere, e di passare all’illustrazione dei tanti emendamenti proposti dai gruppi. Il presidente Andrea Ostellari, anche lui del Carroccio, si è impegnato a procedere alla prossima seduta utile. Ma prima andrà sciolto un nodo politico: modificare o no il testo. Il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto, che segue i lavori per il governo, preferirebbe non sottoporre a ulteriori modifiche l’articolato votato a Montecitorio, pur consapevole dei limiti di quell’impianto. Rinviarlo alla Camera può esporre al rischio di peggioramenti, senza avere certezza di poter invece ottenere passi in avanti. Ma dall’altra ci sono le tante richieste di chi, a cominciare dall’avvocatura (Cnf e Aiga in testa), reclama misure più forti a tutela dei professionisti e del loro diritto a un compenso dignitoso. «È una situazione complicata», spiega al Dubbio la senatrice Fiammetta Modena, di Forza Italia, «perché ci sono molte legittime istanze che è difficile ignorare. Nello stesso tempo non mi pare vi sia certezza, per esempio, di quelle ulteriori coperture finanziarie che garantirebbero l’estensione dell’equo compenso a due ambiti della Pa assai rilevanti: agenzie della riscossione e società deputate ala cartolarizzazione. Certo», spiega ancora Modena, alla Camera l’onorevole Carolina Varchi, di FdI, ha visto accolto un Odg, sottoscritto anche da noi e dalla Lega, che impegna il governo a reperire le risorse necessarie. Ma non sappiamo se, alla luce dei drammatici sviluppi legati alla crisi in Ucraina, quella disponibilità resti immutata». Dopodiché Modena non può nascondere come arrivare a un via libera fotocopia del Senato vorrebbe dire accantonare «le tante richieste che provengono ad esempio da professioni non ordinistiche, che reclamano l’estensione delle tutele, ma anche dal mondo forense, che chiede, per voce del Cnf e dell’Aiga, di applicare l’equo compenso anche alle aziende sotto i 10 milioni di ricavi». D’altra parte ci sono eccome le spinte contrarie. Se ne avuto un assaggio dal parere fatto pervenire alla commissione Giustizia da tre accademici: Giulio Napolitano di Roma Tre, Silvio Martuccelli della Luiss e Gian Michele Roberti della Sapienza. Non c’è coerenza, vi si legge, fra l’individuazione di soglie minime per i compensi professionali e la direttiva Bolkenstein, che consente il ripristino delle tariffe solo in nome di un «interesse pubblico» (da queste colonne si è già osservato quanto sia paradossale sostenere che la dignità dei professionisti non corrisponda all’interesse pubblico). «In ogni caso», dice al Dubbio il senatore Pellegrini, «è importante dare un segnale al mondo delle professioni. Capisco che il testo arrivato da Montecitorio può suscitare un grado di soddisfazione variabile ma è un passo avanti e io sono molto determinato a preservarlo». Anche Pellegrini tende dunque a un via libera senza modifiche. Sul tavolo, oltre ai pareri accademici, ci sono le spinte di Confindustria, che vuole ridimensionare le tiutele. Nessun gruppo ha tradotto in emendamenti le indicazioni di viale dell’Astronomia. Ma non si può dare per scontato che, con il protrarsi dell’esame, il quadro resti immutato. Il che un po’ premia la linea di Sisto e Pellegrini. E poi c’è chi, dalle associazioni dei commercialisti all’Anf sul fronte avvocatura, non condivide le sanzioni per i professionisti che assecondano le logiche ribassiste dei committenti: «Una legge serve ma no a strumenti punitivi», chiede il segretario dell’associazione Giampaolo Di Marco. È vero però che l’esperienza segnala, tra i problemi, anche la difficoltà delle professioni, avvocatura inclusa, a tenere una “linea sindacale” unitaria. Fra tante variabili, non è detto che accontentarsi del testo di Montecitorio sia una scelta così rinunciataria.