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Il Consiglio nazionale forense “detta” la linea per i protocolli da seguire sul posto di lavoro in tempo di coronavirus, a partire dalle norme emanate dal governo, con lo scopo di garantire la sicurezza sul posto di lavoro. II punto di partenza è il dpcm del 26 aprile, che prevede protocolli di sicurezza anti-contagio, che contemplano la distanza interpersonale di un metro come principale misura di contenimento e strumenti di protezione individuale, con operazioni di sanificazione dei luoghi di lavoro, anche usufruendo degli incentivi statali. Gli studi legali, anche di piccole dimensioni dovranno porre, dunque, necessariamente in essere una serie di cautele e prescrizioni atte a prevenire i contagi, «che non coincidono soltanto con le misure valide per la generalità dei cittadini». E ciò vale anche per i professionisti senza dipendenti o praticanti, che «dovranno rispettare e far rispettare le misure di sicurezza con riferimento a clienti, fornitori e terzi in generale». Misure che dovranno andare incontro ad un’ulteriore verifica nel caso in cui «vi siano contratti di appalto o d’opera (ad esempio pulizie, manutenzioni, eccetera), nell’ambito dei quali il titolare dello studio sarà chiamato anche a vigilare sull’operato di terzi».Gli studi legali, dunque, sono tenuti al rispetto delle “indicazioni” contenute nella scheda tecnica delle “Linee guida per la riapertura delle attività economiche e produttive della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome” emanata il 16 maggio, che comporta la necessità di fornire idonee informative nonché informative sull’eventuale trattamento dei dati personali. Le misure prevedono una adeguata informazione agli utenti, con la rilevazione della temperatura corporea e il divieto di accesso, dunque, in caso di una temperatura pari o superiore a 37,5 °C. Vengono agevolate le forme di collegamento a distanza, favorendo, in caso di diversa necessità, l’accesso dei clienti solo tramite prenotazione, con un numero limitato di clienti in base alla capienza del locale. Ma sarà necessario anche riorganizzare gli spazi, per quanto possibile, per assicurare almeno un metro di distanza sia tra le singole postazioni di lavoro, sia tra i clienti in attesa. Dove questo non può essere garantito dovrà essere utilizzata la mascherina. Se possibile, l’area di lavoro può essere delimitata da barriere, mentre per le aree di attesa è indicata la presenza di gel igienizzanti. L’attività di front office dovrà essere svolta con vetri di separazione, mentre per le riunioni è consigliato favorire le modalità a distanza. In presenza va garantito un distanziamento di un metro e, in caso di riunione prolungata, l’utilizzo della mascherina. In molti casi non sarà necessario procedere ad una completa sanificazione dei locali, bensì basterà una pulizia e una igienizzazione di piani e di strumenti di lavoro. Sarà cura del titolare dello studio adeguare le misure anti-contagio al proprio caso concreto, «ma non sarà possibile prescindere dalla documentazione delle attività effettuate, anche al fine di poter attivare una concreta difesa in caso di contestazioni». Per quanto riguarda la condivisione dei locali con altri colleghi, in assenza di rapporti associativi o societari, «è indispensabile adottare misure coordinate e condivise (che dovrebbero tra l’altro formare oggetto di un accordo tra gli interessati), perché comunque potrebbero configurarsi compresenze o interferenze tra vari soggetti».La redazione di un protocollo e la dimostrazione di averlo osservato (oltre che diffuso), «faciliterà, in ogni caso, la dimostrazione del rispetto delle indicazioni contenute nelle “linee guida”» e, in generale, «dell’osservanza delle disposizioni vigenti in materia di prevenzione del rischio da Covid-19».