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C’èuna responsabilità che l’avvocatura sa assumersi ben nota al guardasigilli Alfonso Bonafede: «L’apporto dato alla elaborazione di interventi sul processo penale e civile nei tavoli di confronto che ho voluto istituire in vista della riforma». Un contributo offerto «senza alcuna chiusura corporativa», ricorda il ministro della Giustizia, che fa della professione forense, «un interlocutore essenziale». E a maggior ragione è giusto «riconoscerne il ruolo anche nella Costituzione».
Non è un attestato di poco valore. Tanto più perché viene da un ministro della Giustizia che con molta onestà, nel suo intervento all’inaugurazione dell’anno giudiziario forense, accetta di soffermarsi anche «sulle cose che, con il Cnf, non ci vedono d’accordo, come la norma sulla prescrizione e alcuni parti del ddl anticorruzione». Proprio perché viene da un guardasigilli consapevole degli elementi di distanza, che neppure Mascherin cela nella sua relazione, il riconoscimento pronunciato dal ministro ha un grande peso: «Gli avvocati sono essenziali non solo nel processo ma per l’esistenza stessa di una democrazia che possa definirsi evoluta», dice. Non ci sono dubbi, dunque, da parte di Bonafede, nel ribadire «l’impegno a portare fino in fondo il ddl costituzionale che riconosce il ruolo dell’avvocato». Il guardasigilli legge, dopo aver apertamente dichiarato la propria «emozione», il testo di quella «estensione dell’articolo 111» che «è stata presentata al Senato». La motiva appunto con quella funzione essenziale degli avvocati nella democrazia, con i loro «meriti acquisiti anche al di fuori delle aule di giustizia, soprattutto a tutela della libertà». E cita il caso dell’avvocata iraniana Nasrin Sotoudeh, anche per dire che «il governo si batterà affinché lei e tutti gli avvocati non debbano pagare per aver fatto fino in fondo il proprio dovere».
Però Bonafede ha davvero buoni motivi anche nella scelta del tono che segna soprattutto la prima parte del suo discorso. Esposizione che rivendica, legittimamente, i «tanti frutti» del «confronto positivo avviato fin dall’inizio con il Cnf». Il ministro tiene molto a ricordare «il proficuo rapporto» con la massima istituzione forense, basato sulla sua scelta di «seguire il metodo dell’ascolto, a costo di costruire le riforme al tavolo con avvocati e magistrati prima di sottoporle al tavolo politico». Quel rapporto positivo è basato anche «sulla lealtà, sulla professionalità e correttezza con cui il Cnf a propria volta ha segnalato i motivi di dissenso, sempre utili per una riflessione a cui non mi sottraggo». Ci sono però appunto tanti risultati positivi. Dalla «riforma delle norme sull’accesso alla professione che», spiega Bonafede, «d’intesa con il Cnf privilegerà il ruolo delle scuole forensi in modo da rendere meno esiziale e aleatorio l’esame di Stato», alla «revisione dei requisiti per le specializzazioni». Dal «patrocinio a spese dello Stato», per il quale il ddl «definitivamente approvato in Consiglio dei ministri semplifica le procedure relative anche alla liquidazione del compenso, lì dove avevano mostrato disfunzioni», fino a un intervento persino sorprendente per le dimensioni in cui il ministro lo presenta: «Il rafforzamento dell’equo compenso». Ebbene, il guardasigilli spiega che «il lavoro compiuto al tavolo tecnico istituito al ministero con le rappresentanze di tutte le professioni, e innanzitutto con il Cnf, ha portato a una soluzione che salvaguarda i minimi previsti dai parametri anche nelle convenzioni tra l’avvocato e la pubblica amministrazione». Un rimedio concreto su quel profilo della legge approvata nel 2017 che aveva fatto emergere le maggiori “ritrosie applicative”. «La qualità e il rilievo dell’opera svolta dall’avvocato deve essere rispettata non solo dai grandi committenti privati ma anche dagli enti pubblici, in modo innanzitutto che non si vada al di sotto delle soglie di compenso previste dai decreti ministeriali». Una concretezza che conferma come Bonafede, nonostante le differenze su tanti aspetti in campo penale, interpreti in modo efficace quel “rapporto leale” con l’avvocatura da lui giustamente rivendicato.