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Il Parlamento è la più alta espressione del sistema democratico. Dal Parlamento è arrivato, poco meno di tre anni fa, il via libera alle norme sull’equo compenso, fortemente volute dal Cnf e dal presidente Andrea Mascherin, quindi fatte proprie dall’allora guardasigilli Andrea Orlando. Ma adesso è sempre lo Stato, e non è la prima volta, a rinnegare se stesso, attraverso un’altra propria articolazione, l’esecutivo: è del 28 settembre scorso la pubblicazione, da parte del ministero per lo Sviluppo economico, di un bando per la selezione di “21 componenti del Gruppo di esperti di alto livello per l’elaborazione di un Libro Bianco sul ruolo della comunicazione nei processi di trasformazione digitale”, esperti a cui si chiede “comprovata esperienza” e “professionalità” ma ai quali ( sic) “non spetta alcun compenso, indennità di carica, corresponsione di gettoni di presenza”.
Spiazzante ma anche emblematico rispetto alla nonchalance con cui le amministrazioni pubbliche interpretano le norme a tutela dei professionisti. E non a caso, l’attuale presidente del Consiglio nazionale forense Maria Masi coglie nella scelta del Mise innanzitutto una sottovalutazione dei colpi già subiti, negli ultimi mesi, dal lavoro intellettuale: «In un momento del genere l’attenzione per noi professionisti dovrebbe essere ancora maggiore: abbiamo già evidenziato in diverse occasioni, anche con proposte di emendamenti, di essere stati esclusi da altre misure di sostegno». Non era proprio il momento di aggravare un quadro già pesante. La presidente Masi trova «censurabile», soprattutto, «il fatto che sia proprio un ministero a ignorare un principio normativo la cui attuazione è già spesso compromessa da inadeguata applicazione». Lo Stato che rinnega le proprie leggi appunto. «Oltretutto», aggiunge la presidente del Cnf, «nel caso specifico non appaiono comprensibili le ragioni della scelta compiuta col bando».
L’episodio ha precedenti noti. Il più significativo risale al febbraio 2018. Cioè ad appena due mesi dopo l’entrata in vigore della disciplina sui compensi. In quella occasione è il ministero dell’Economia a promuovere un avviso pubblico rivolto a professionisti. Compenso: nessuno. In pratica il bando fa riferimento a un non meglio precisato prestigio che il professionista ricaverebbe dall’assunzione dell’incarico. Insieme con il Cnf reagiscono anche i Consigli nazionali di commercialisti e del notariato. Seguono interrogazioni parlamentari e una reprimenda dell’allora vicepremier Di Maio al ministero all’epoca retto da Tria. Ci risiamo ora, con una “manifestazione di interesse” ispirata alla solita filosofia: prendetevi l’onore dell’incarico e accontentatevi di quello.
Da una parte il caso di “recidiva” in cui è inciampato il governo potrebbe deprimere i professionisti. Innanzitutto l’avvocatura, vera e propria avanguardia nella battaglia per la dignità del lavoro autonomo: non solo è stata promotrice della legge di fine 2017, ma continua a condurre un monitoraggio sulle violazioni, promosso col guardasigilli Alfonso Bonafede. È comunque significativo che lo spettro della protesta si allarghi sempre più a reti che comprendono anche categorie non ordinistiche. È il caso del Colap ( Coordinamento libere associazioni professionali), che diffonde una nota per ricordare, in sintonia con Masi, come «in questo momento, con la crisi che si sta abbattendo soprattutto sui professionisti, chiamarli a lavorare per poi non pagarli è doppiamente umiliante: uno sfruttamento doppio». Più estrema è la posizione del presidente di Confprofessioni Gaetano Stella, che arriva a chiedere di «boicottare tutti i bandi della pubblica amministrazione relativi a incarichi professionali a costo zero». Si ignora, aggiunge Stella, «il diritto costituzionale di riconoscere il valore economico del lavoro», oltre alla norma sull’equo compenso «che impone alla Pa di garantire che le prestazioni professionali siano equamente retribuite».
La beffa nasce anche da una specifica vulnerabilità del quadro normativo, come ricordato da Masi: secondo il testo, la Pa «garantisce il principio dell’equo compenso», ma manca l’esplicito riferimento ai parametri, previsto invece per gli altri “committenti forti”. È il nodo da sciogliere a breve, insieme con quello dei finanziamenti a fondo perduto. Un ordine del giorno collegato al dl Agosto, presentato dal capogruppo di FdI alla Camera Lollobrigida, impegna l’esecutivo a rifinanziare la misura: resta però ancora escluso il mondo ordinistico. Che dopo aver subito ancora una volta il “fuoco amico” di un ministero, ha una ragione in più per chiedere una volta per tutte la dovuta attenzione.