Nel vivace scenario del dibattito giuridico, l’avvocato Stefano Giordano, iscritto al Foro di Milano, fa una denuncia accendendo riflessioni profonde sui limiti del diritto di difesa e della critica istituzionale. Il legale ha appreso di essere stato segnalato dalla Procura della Repubblica di Marsala, per le valutazioni espresse dopo la condanna di Maria Angioni da parte del giudice monocratico del Tribunale di Marsala, emessa il 10 dicembre 2024, segnalazione trasmessa poi alla Procura Generale di Palermo e inoltrata al Consiglio dell’Ordine per eventuali verifiche.

L’avvocato riprende il contenuto di un suo precedente comunicato stampa, nel quale si affermava: «Al deposito delle motivazioni impugneremo la sentenza e siamo sicuri che la Corte d’Appello porrà rimedio alle gravi violazioni di legge poste in essere dalla Procura di Marsala e rifluite nella sentenza di oggi». Tale dichiarazione, intesa come esercizio legittimo del diritto di impugnazione, non viene interpretata dal procuratore come una semplice critica nei confronti delle autorità giudiziarie.

Con tono misurato e nel rispetto dei limiti della libera espressione, l’avvocato Giordano ha precisato che il suo intervento rientra nell’ambito della normale attività difensiva, volta a evidenziare eventuali errori processuali e violazioni normative, così come previsto dal nostro ordinamento. Egli sottolinea, infatti, che l’impugnazione di una decisione giudiziaria, fondata su presunte “violazioni di legge”, rappresenta un diritto fondamentale e non può costituire motivo di segnalazione o di azione penale, qualora espressa nel corretto esercizio della critica costruttiva.

L’avvocato ribadisce l’importanza di orientare le risorse investigative verso questioni di rilevante interesse collettivo. In questo contesto, egli richiama l’attenzione sul caso della scomparsa della piccola Denise Pipitone, vicenda irrisolta che, da trent’anni, continua a suscitare dolore e interrogativi nella comunità. Secondo l’avvocato Giordano, le risorse della Procura di Marsala andrebbero privilegiate per approfondire tale mistero, piuttosto che essere impiegate in azioni che possano intimidire un professionista nel pieno esercizio delle proprie funzioni.

Pur esponendo le proprie valutazioni con chiarezza, il legale si premura di specificare che il suo intervento non intende ledere alcuna dignità personale, bensì evidenziare criticità procedurali alla luce di norme processuali che ammettono il ricorso in caso di violazioni di legge. In tal modo, il comunicato si configura come un esercizio legittimo del diritto di difesa e della critica istituzionale, strumenti essenziali per garantire l’equilibrio e l’indipendenza del sistema giudiziario. È fondamentale, infatti, che ogni operatore del diritto possa esprimere il proprio dissenso senza il timore che tale espressione venga interpretata come offesa personale suscettibile di querela per diffamazione.

Analizzando la vicenda, è fondamentale comprendere che il ruolo dell’avvocato non si limita alla mera difesa in sede processuale, ma si estende anche alla funzione di controllo e di critica nei confronti delle autorità giudiziarie. D’altronde, come spiega l’avvocato Giordano, la possibilità di impugnare una sentenza sulla base di presunte violazioni di legge è un meccanismo previsto dall’ordinamento processuale e rappresenta una salvaguardia fondamentale contro errori o abusi che potrebbero compromettere l’esito di un processo. In attesa degli sviluppi derivanti dall’esame degli atti da parte del Consiglio dell’Ordine e dalla successiva valutazione della Corte d’Appello di Palermo, l’avvocato Giordano si riserva di intraprendere le iniziative ritenute opportune per tutelare la propria reputazione e garantire il pieno esercizio delle proprie prerogative professionali. «Segnalare un avvocato perché, nel suo ruolo di difensore, ha affermato che una sentenza sarebbe il frutto di “gravi violazioni di legge” significa calpestare illegittimamente e inammissibilmente l'essenza stessa di quel ruolo. Peraltro, si nutre fiduciosa certezza che i giudici della Corte d'Appello di Palermo (i quali saranno chiamati a pronunciarsi su quelle dedotte violazioni di legge) non si lasceranno influenzare dall'iniziativa del Procuratore di Marsala e conserveranno integra la loro – più volte sperimentata – autonomia e serenità di giudizio», chiosa l’avvocato Giordano.

Duro il commento di Rita Bernardini, presidente di Nessuno tocchi Caino: «Il degrado dello Stato di diritto sembra non conoscere più limiti. La professione dell’avvocato penalista è sotto attacco e quelli che fino a qualche anno fa erano pochi casi isolati, divengono sempre più frequenti. Quando questi attacchi, con tanto di segnalazione alla Procura generale della Corte d’Appello provengono da un pm (il procuratore di Marsala Ferdinando Asaro) solo perché un avvocato, Stefano Giordano, ha dichiarato che ricorrerà in appello per “violazioni di legge” a seguito della condanna a 4 mesi di una sua assistita, c’è da rimanere basiti. Dove viene individuata la scorrettezza di Giordano? La presa di posizione del procuratore di Marsala ha il sapore di un avvertimento volto a pregiudicare l’efficienza e la funzione stessa del difensore».