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David Sassoli
Primi anni duemila, salotto di casa, interno sera. «Mamma, papà, io da grande voglio fare quel signore lì». Quel signore lì è David Sassoli, “signore” del Tg1 delle venti, maestro del racconto e volto consueto per milioni di italiani. Ogni giorno, all’ora di cena, occhi azzurri e ciuffo dei capelli ordinatamente a sinistra, racconta quel che succede nel mondo. Lo fa con quel piglio toscano che rende affabile ogni lancio prima di un servizio, accompagnato dall’eleganza che lo contraddistingue. Mi spiegano che il signore che vedo, dentro quella scatola magica che tutti chiamano televisione, di mestiere fa il giornalista. Ma David Sassoli è, testardamente continuiamo a dire è, un giornalista speciale. Perché dai suoi occhi emerge un’umanità fuori dal comune, dal suo sorriso una calma capace di riportare il sereno anche dopo la notizia più tragica. Narra gli accordi di Camp David, gli attentati dell’11 settembre, la guerra in Iraq e Afghanistan. È capace di scherzare e stare al gioco, come quando Fiorello durante un collegamento gli chiede di partecipare a una “ola”, alla quale si presta con ironia. Giornalista professionista dal 1986, viene assunto in Rai nel 1992, è vicedirettore del Tg1 dal 2006 al 2009 e resta alla corte di Viale Mazzini fino a che decide di intraprendere la strada della politica. L’allora direttore Gianni Riotta è categorico: «niente porte girevoli», e così sarà. Eurodeputato per tre legislature consecutive, è eletto presidente del Parlamento europeo il 3 luglio 2019, succedendo ad Antonio Tajani. Lo resterà fino alle primissime ore di ieri, quando la grave malattia autoimmune della quel soffriva l’ha portato via a soli 65 anni. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, lo ha ricordato come «politico appassionato, leader leale e rigoroso», mentre per il presidente del Consiglio, Mario Draghi, Sassoli è stato «una voce attenta e autorevole, a difesa dei valori europei e dei diritti dei più deboli». Di lui resterà la foto mentre prende a picconate il muro di Berlino, lo sguardo abbassato frutto della troppa emozione al momento dell’elezione alla presidenza del Parlamento europeo, il sorriso con il quale chiudeva ogni edizione serale del Tg1. «Un convinto europeista, un sincero democratico e un uomo buono», così l’ha descritto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Un uomo che, forse consapevole delle sue condizioni precarie, nell’ultimo messaggio video pochi giorni prima di Natale ha riassunto tutta la sua idea di comunità europea. «Abbiamo finalmente realizzato, dopo anni di crudele rigorismo, che la disuguaglianza non è più né tollerabile né accettabile, che vivere nella precarietà non è umano, che la povertà è una realtà che non va nascosta, ma che deve essere combattuta e sconfitta - disse allora - è dovere delle istituzioni europee di proteggere i più deboli e non di chiedere altri sacrifici, aggiungendo dolore al dolore». Oggi, caro David, di dolore ce n’è già troppo.