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«Mi dichiaro colpevole». Comincia così la conferenza stampa indetta a tamburo battente da Luca Barbareschi, nel suo Eliseo, dopo la notizia del suo rinvio a giudizio per «traffico di influenze», nell’ambito dell’inchiesta sui fondi appunto al teatro Eliseo.
«Mi dichiaro colpevole, lo sto facendo da cinque anni, busso alle porte della politica, dei politici chiedendo attenzione per il teatro, se questa è una colpa, sono colpevole. Se questa è una colpa lo sono tutti, dalla Scala al Piccolo Teatro, tutti bussano alle porte della politica».
Una ironica ammissione di colpa cui Barbareschi fa seguire l’esclamazione di essere pronto a dimettersi, se solo così potrà evitare uno stop di fondi pubblici al suo teatro. «Sono pronto a dare le dimissioni, a lasciare il ruolo di direttore artistico dell’Eliseo, se mi verrà chiesto dal ministro Franceschini, se sarà necessario per evitare che vengano bloccati i fondi al teatro», spiega Barbareschi, sottolineando comunque di «sperare che Franceschini mi chieda di restare».
Fra lo stizzito e il divertito, Barbareschi non risparmia accuse all’Italia, all’incultura del Paese fomentata dalla classe politica, alla piccineria dei ’ colleghì responsabili di altri teatri, alla magistratura, da Mani pulite in avanti, e annuncia: «Sto scrivendo una lettera al Csm per annunciare che farò causa allo Stato, per danni. E vincerò!», attacca Barbareschi.
Barbareschi è stato rinviato a giudizio insieme all’ex ragioniere generale dello Stato Andrea Monorchio accusati di traffico di influenze illecite dalla Procura di Roma nell’ambito dell’inchiesta sui fondi al teatro Eliseo.
A processo anche una terza persona, Luigi Tivelli, che con Monorchio si sarebbe mosso per far inserire nella finanziaria del 2017 quattro milioni di euro a favore del teatro diretto dall’attore.