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Il Partito Radicale è tornato a riunirsi ieri a Roma per l’ottavo congresso. Obiettivo: salvare Radio Radicale dopo che il Governo del cambiamento ha deciso di staccare la spina alla radio voluta da Marco Pannella, dopo 42 anni di attività e 20 anni di convenzione. Se entro il 21 maggio di quest’anno non ci saranno ripensamenti da parte di Palazzo Chigi, il servizio pubblico di informazione, “alternativo a quello sostanzialmente monopolista svolto dalla RAI” potrebbe essere messo a tacere. In centinaia si sono riuniti – e lo saranno fino a domani - all’Hotel Quirinale per scongiurare la chiusura, per combattere quella che, nella sua relazione introduttiva, il professor Giovanni Maria Flick ha definito «una delle battaglie più giuste», proseguendo: «di Radio Radicale abbiamo estremo bisogno in un momento di distrazione di massa. Esiste il sospetto fondato che si voglia eliminare una voce di pluralismo che è ritenuta evidentemente scomoda. Senza pluralismo non c’è democrazia e viceversa. Qui è in gioco il pluralismo delle fonti di informazioni non assoggettate al potere». La seconda relazione è stata affidata al professor Tullio Padovani, già professore di diritto penale presso la Scuola Superiore Sant'Anna: «il Partito Radicale è il mio partito. Ed è fondamentale la sopravvivenza di Radio Radicale che è un faro nella notte dell’ignoranza, della violenza, dell’ingiustizia, dell’iniquità, dell’intolleranza. Ho cercato Radio Parlamento per fare un confronto ma è impossibile pensarla come figura antagonista di Radio Radicale. Quelli al Governo non dicono di volerci sopprimere anzi auspicano il contrario ma di fatto ci sopprimono: ma è chiaro che siamo in presenza del “doppio legame” come sanno gli psichiatri che analizzano le sindromi schizoidi. La verità è che avrebbero voluto dirci “Signori, è finita la pacchia”, come direbbe un altro membro del governo. Fornendo Radio Radicale un servizio pubblico, in gioco qui è il dovere – non la libertà - di informare». E ha concluso: «non si paga per respirare e l’informazione vive nelle trasmissioni di radio radicale come respiro della democrazia. Purtroppo tocca rileggere 1984 di Orwell: vi ritroverete l’Italia di oggi, quella della piattaforma Rousseau e di Davide Casaleggio. Quello che potrà accadere è l’avanzata del peggio. Occorrerà attrezzarsi». Ha poi preso la parola il decano di Radio Radicale, forse l’unico superstite della prima redazione, colui che ogni mattina tiene incollati migliaia di noi alla radio per Stampa e regime, Massimo Bordin: «Radio Radicale nasce dall'idea di Marco Pannella di rifiutare il finanziamento pubblico ai partiti. Ed il DNA di Radio Radicale è quello di devolvere quel contributo a un servizio pubblico, che riguardasse l'informazione. Il presidente Conte ci invita ad andare sul mercato. C’è un piccolo problema: per un privato che volesse finanziare un servizio pubblico, il mercato non c’è. Non si può fare concorrenza alla Rai. Radio Radicale ha sempre dovuto lottare ma l’indipendenza che ha saputo garantire Pannella è senza pari nei modelli privati italiani. Oggi il tema delle dirette sta diventando un problema per qualcuno. Solo su Radio Radicale si può sentire quello che succede in Parlamento. A coloro che stanno al Governo dà fastidio far sentire quello che succede, ossia, ad esempio, che mandano capigruppo che non sanno dove stanno di casa la legge e la Costituzione, che discutono di una legge finanziaria senza presentare un documento scritto. Dicono che è un problema di soldi: Radio Radicale costa 15 milioni l’anno. Se è un problema di soldi, allora non si capisce come è possibile che nella legge in cui viene dimezzato il compenso per l’editoria, contemporaneamente lo stesso governo dà 80 milioni alla Rai». Sul futuro della Radio a parlare è stato Maurizio Turco, coordinatore della Presidenza del Partito: «è in atto un progetto in contrasto con principi costituzionali fondanti e contro i principi dello Stato di Diritto, siamo di fronte ad un progetto eversivo che non può essere ridotto alla contestazione, più o meno rumorosa, dei singoli provvedimenti ma che richiede tutt’altro tipo di lotta, una lotta radicale nonviolenta. Chiediamo che il servizio venga messo a gara. Siamo qui per chiedere che il servizio pubblico sia comunque fornito e che l’archivio di Radio Radicale sia alimentato, che il servizio venga messo a gara, che chi può ci aiuti ad arrivare alla fine dell’anno per salvare 45 anni di storia italiana. Voglio ricordare al Governo che è la convenzione che ci impedisce di stare sul mercato, perché impedisce di fare pubblicità. È difficile stare sul mercato senza poter fare pubblicità». Presente anche l’attore Rocco Papaleo: «sono qui perché Marco Pannella, il suo senso di libertà, le sue lotte mi hanno sempre suggestionato. Credo che tutti almeno una volta nella vita abbiano votato radicale. Io molte volte». E il cantautore Luca Barbarossa: «sono qui per amore, perché Radio Radicale è la nostra memoria». A sostegno di Radio Radicale anche la Camera Penale di Roma, con la presenza del presidente e vice presidente, gli avvocati Cesare Placanica e Vincenzo Comi. Oggi è previsto l'intervento del direttore di Radio Radicale, Alessio Falconio.