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«Viviana e Gioele vi ringraziano ed io vi mando un abbraccio enorme, siete stati grandi!!!» Sono le parole di Daniele Mondello sul suo profilo Facebook rivolte ai volontari. Non ha dubbi Daniele, non ha bisogno di aspettare il risultato dell’esame del Dna – quello ritrovato è il corpicino martoriato di Gioele. D’altronde, non è che nelle campagne di Caronia tu smuovi un cespuglio e trovi il corpo di un bambino ogni due per tre. Uno era il bambino scomparso. Uno il bambino che si cercava: Gioele. Erano centinaia i volontari presenti all’appello di Daniele sulla sua pagina Facebook. «Veniamo da Agrigento – spiegava Salvo, un cacciatore – e siamo qui per cercare il piccolo». E Antonia, una casalinga di 39 anni di Acquedolci, Messina, all’alba già al distributore di benzina Ip scelto come quartier generale per le ricerche: «Sono qui dalle 6.30 perché questa scomparsa del bambino mi angoscia dal primo giorno. Voglio partecipare anche io alle ricerche». C’era anche un turista di Torino: «Ero in vacanza in zona – ha spiegato – e ho letto l’appello del padre di Gioele. Così ho deciso di venire anche io. Questa storia mi ha molto colpito». E c’era Giuseppe Del Bello, carabiniere in congedo di 55 anni che ha trovato i resti di Gioele. Dopo aver cercato «dove nessuno aveva cercato»· È stato un dono di Dio – ha detto dopo. E forse ha ragione. Perché gli uomini non erano stati capaci, in quindici giorni. Lo scrive Daniele: «Cinque ore di lavoro di un volontario rispetto a 15 giorni di 70 uomini esperti, mi fanno sorgere dei dubbi oggettivi sui metodi adottati per le ricerche. La mia non vuole essere una polemica, ma la semplice considerazione di un marito e padre distrutto per la perdita della propria famiglia». Lo aveva anche osservato nei primi giorni uno dei nonni di Gioele – che a lui sembrava che tutto fosse un po’ troppo “rilassato”. Era parso più lo sfogo di una persona disperata. Eppure qualcosa non deve avere funzionato tanto, se anche il corpo di Viviana è stato ritrovato abbastanza vicino al “punto di scomparsa” e l’avevano cercato di qua e di là, ma non proprio lì – che poi la “giustificazione” era stata che l’area delle ricerche era stata suddivisa in settori, data l’ampiezza, e che proprio quello dove era stato ritrovato il corpo era l’ultimo da battere. Una sfortuna, insomma. Un elemento dell’umano. E ci sta. E però, cerchi di ridurlo al minimo quando compi un’impresa di questo genere: sennò, perché chiami gli esperti? E te ne fai vanto: ci sono i cani “molecolari”, ci sono i droni, ci sono i topografi. E se si ripete due volte, la sfortuna, qualcosa non torna. È stato un dono di Dio – ha detto il carabiniere in congedo Del Bello. E io credo che Dio c’entri tanto in questa storia o almeno che Viviana ne fosse proprio convinta. Ma ora è degli uomini che vorrei dire, perché questa storia è una storia di uomini. Dei volontari, in centinaia, che si sono presentati all’appello di Daniele, delle migliaia che fin dall’inizio sono rimasti colpiti e ne hanno seguito con apprensione e timore crescenti lo sviluppo, e di tutti quelli che hanno vomitato di ogni cosa contro Viviana, contro Daniele, contro questa “strana coppia”. Due giovani che si sono incontrati attraverso la musica, di due capi opposti di questo nostro Paese che più opposto non può essere da un suo capo all’altro – e che si amavano e avevano messo al mondo un figlio. Un esercizio di triplo coraggio direi: amarsi se sei uno di Torino e l’altro di Venetico – e venire a vivere in Sicilia – e credere che quello che al mondo ti piace di più, la tua musica, possa essere anche un modo per guadagnare e vivere dignitosamente, e poi mettere al mondo un figlio in un mondo che di figli ne vuol sentir parlare poco. Questo erano Viviana e Daniele – dei coraggiosi alla triplice potenza. Delle persone di speranza e volontà. Gioele era quella potenza, quella volontà, quella speranza. Ma al mondo di Facebook, dove regnano sovrane la delusione, la frustrazione, l’impotenza – questa storia non poteva andare giù. Hanno detto di ogni cosa contro Daniele – fino a indicarlo come sospetto. Hanno detto di ogni cosa, contro Viviana – una fuori di testa, imbottita di psicofarmaci, sicura madre assassina del proprio sangue: ha scavato con le mani e lo ha sepolto. L’Alta Corte di Facebook ha emesso rapidamente la sua condanna. È una fuga volontaria, si è detto subito. Come a intendere che chissà quali retroscena di rottura e violenza ci fossero in quella coppia – e lei una donna che ne scappava tirandosi dietro il bimbo. Forse è stata questa la sfortuna delle ricerche – crederci tutti che in realtà quella di Viviana fosse stata una “scelta” e che non volesse proprio essere ritrovata: perché cercarla ben bene allora? E se aveva ammazzato e sepolto Gioele e chissà dove, perché cercarlo ben bene allora? È una storia di uomini, questa. Di volontari inesperti che trovano, di esperti di poca volontà che non trovano. Di periti che non periziano: quando trovano il corpo di Viviana, arrivano i medici legali, e arriva perfino l’esperto entomologo che studiando gli insetti del luogo sarà in grado di dirci quando è accaduto l’evento. E allora aspettiamo tutti l’esito dell’autopsia. Poi gli esperti dicono che non possono dire niente perché si potrebbe dire tutto – il corpo è in avanzato stato di decomposizione e le nature delle fratture riscontrate non escludono nulla e non confermano nulla, e che ci vorranno novanta giorni, ma forse diranno qualcosa anche prima. Eppure non è che ci vuole la laurea in patologia forense al Mit di Boston per capire che se il corpo è in avanzato stato di decomposizione e se è stato trovato lì – proprio vicino a dove doveva essere e non è stato cercato – allora tutto è accaduto subito. Qualsiasi cosa possa essere “tutto”. I resti di Viviana e di Gioele potranno stare insieme, adesso. Accadrà, quando i periti avranno finito di periziare. E ci sarà un grande funerale – io ne sono sicuro – dove si mescoleranno la frustrazione che sentiamo ogni giorno e la speranza che ci tiene aggrappati. Poi, ognuno si farà il suo film su quello che è accaduto – a seconda della sua “voglia di mistero”. Per me, Viviana sentiva su di sé tanto dolore, troppo dolore. Forse tutto il dolore del mondo. E se senti che il mondo intorno è solo dolore – e ti fa paura – allora parli con un mondo che sta “di là”. Parli con Dio, e gli chiedi. E spesso non hai risposte – cosa può dirti Dio che tu già non sappia? E poi, ci sono gli animali in questa storia di uomini e Dio – e gli animali non sono forse anch’essi creature di Dio? Ci sono i cani molecolari, ci sono i maiali neri dei Nebrodi, ci sono i cinghiali, ci sono le mucche, ci sono i rottweiler, ci sono i cani rinselvatichiti. Sarebbero i testimoni più affidabili di quello che è davvero accaduto. Forse, quelle mucche, quei rottweiler, quei maiali hanno sentito e capito l’odore di Viviana – di paura e di sofferenza, di dolore. Sarebbero gli unici testimoni affidabili, quelle creature di Dio. Ma non ci sono esperti in grado di interrogarli e non usano compulsare le pagine di Facebook. Terranno la bocca chiusa.