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Tiri al bersaglio, diversi metodi di perquisizione e soccorsi medici a persone rimaste amputate a una gamba. Sembra un addestramento militare per persone che devono partire per una guerra, invece si tratta di un video promozionale della polizia penitenziaria autorizzata dal Provveditorato regionale dell’Amministrazione Penitenziaria della Lombardia. Il video è stato realizzato con il personale del penitenziario milanese di Opera e sponsorizzato da un ente privato chiamato Omnia Secura Academy che opera nel campo della formazione.
Il video ha come titolo “Polizia, oltre il penitenziario”, e in effetti tutto c’è tranne che il carcere e il rapporto quotidiano che ha la polizia penitenziaria con i detenuti. Un lavoro difficile, complicato dalle innumerevoli criticità del sistema penitenziario, ma che non è un campo di guerra. Non si tratta di una promozione ufficiale del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ma il video è stato realizzato con personale e materiale dell’amministrazione.
Il Garante nazionale delle persone private della libertà Mauro Palma ha chiesto spiegazioni al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, preoccupato per ciò che il video fa emergere. Una preoccupazione legittima, visto che sono passati gli anni bui di quando il carcere, prima della legge Gozzini del 25 ottobre 1986, era considerato quasi esclusivamente punitivo e repressivo. Basti pensare che nei primi anni 90 il corpo degli agenti di custodia fu smilitarizzato e istituito quello di polizia penitenziaria che ha il pregio di non limitarsi solamente alla pura custodia, ma con il tempo la figura è valorizzata proprio per contribuire al trattamento rieducativo del detenuto. In fondo ciò è stato ribadito recentemente anche dal guardasigilli, ma il video in questione dà una immagine completamente diversa.
Come detto, il Garante nazionale ha chiesto spiegazioni. A quel punto si è scagliato contro il sindacato della polizia penitenziaria Sappe che, a suo dire, dimostrerebbe che Mauro Palma sarebbe contro la polizia penitenziaria. Ma non solo. Per rafforzare la tesi, il sindacato sottolinea che «non è un caso che il Garante in ogni procedimento giudiziario contro poliziotti penitenziari si costituisce parte offesa – e quindi anche contro coloro ( e non sono pochi!) che lavorano nell’ufficio del Garante pur rimanendo in forza al Corpo». Nel comunicato il Sappe ha anche annunciato che proporrà una legge di iniziativa popolare o un referendum abrogativo per sopprimere la figura del Garante Nazionale.
In difesa dell’autorità del Garante interviene prontamente l’associazione Antigone giudicando inaccettabile l’attacco di alcuni sindacati della polizia penitenziaria. «Addirittura – sottolinea l’associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale - si arriva a chiedere la chiusura dell'ufficio. Ricordiamo che organismi di controllo dei luoghi di detenzione sono previsti dall'ordinamento internazionale e sono presenti in tutti i paesi democratici e non solo; temere il lavoro di prevenzione di un organismo indipendente significa barricarsi dentro le proprie funzioni e non fa presagire nulla di buono. Notiamo purtroppo con dispiacere che non si è radicata dentro alcune sigle sindacali una cultura dei diritti umani. Ricordiamo anche che la tortura è un crimine contro l'umanità». Sempre Antigone conclude: «Siamo certi che la gran parte dei poliziotti che lavorano nel solco della legalità sono invece grati a chi, come il Garante nazionale, fa uscire il loro lavoro da quel con d'ombra dove altri vorrebbero riporlo».
In realtà, precedentemente, il Sappe aveva già attaccato Mauro Palma, polemizzando sulla questione del personale di Polizia penitenziaria assegnato all’Ufficio del Garante nazionale. Eppure, come viene evidenziato in una lettera inviata dal Garante al Dap e al ministero proprio per rispondere alle accuse mosse dal sindacato, dall’articolo 2 comma 4 del Regolamento concernente la determinazione della struttura e della composizione dell’Ufficio posto alle dipendenze del Garante nazionale delle persone private della libertà, si evince che tutto il personale assegnato all’ufficio del Garante nazionale, indifferentemente dal comparto di provenienza, delle Funzioni centrali o di Polizia, è personale che «opera alle esclusive dipendenze del Garante».
Ne consegue che tale personale, nella sua interezza, non è più direttamente rispondente alle disposizioni delle Amministrazioni da cui proviene a partire dal momento dell’assegnazione all’Ufficio del Garante nazionale. «Del resto – si legge nella lettera -, il personale di Polizia penitenziaria assegnato al Garante non esercita le funzioni proprie della Polizia penitenziaria e, quindi, non è soggetto alle condizioni tipiche dell’esercizio di tali funzioni, bensì a quelle comuni allo staff dell’Istituzione, senza differenze di sorta con gli altri componenti». Pensare anche che il Garante sia contro il personale della polizia penitenziaria è oggettivamente falso, anche perché l’istituzione serve proprio per vigilare sul benessere di tutta la popolazione penitenziaria, agenti compresi. Non da ultimo, a dimostrazione di ciò, c’è la partecipazione costante e attiva del Collegio e del personale dell’Ufficio del Garante nazionale ai corsi di formazione professionale presso la Scuola superiore dell’esecuzione penale.