PHOTO
Il caso di Pietro Ioia rischia di mettere in discussione un’attività che è invece indispensabile all’interno delle nostre carceri
ALESSANDRO CAPRICCIOLI
CONSIGLIERE REGIONALE LAZIO + EUROPA - RADICALI
In alcune delle reazioni che sono seguite alla notizia della misura cautelare nei confronti di Pietro Ioia, garante dei detenuti del comune di Napoli accusato di aver introdotto nel carcere di Poggioreale telefoni cellulari e droga, ho avvertito una quota di frenesia supplementare anche rispetto all’ormai ( tristemente) consueto livore giustizialista tipicamente italiano, in base al quale vengono abitualmente emesse sentenze di condanna mediatica prima delle pronunce dei tribunali, o come nel caso di specie addirittura prima di una richiesta di rinvio a giudizio.
È una quota di frenesia supplementare che a mio parere tradisce un diffuso sentimento di insofferenza verso l’attività dei garanti: attività che alcuni sembrano giudicare non soltanto superflua, ma talora perfino fastidiosa, perché evidenzia problemi e solleva criticità rispetto a un mondo, quello carcerario, di cui spesso si parla con colpevole riluttanza.
La realtà è che i garanti svolgono un ruolo di importanza fondamentale per assicurare la legalità all’interno degli istituti penitenziari, e perciò per assicurare che alle persone detenute venga garantito il rispetto dei diritti riconosciuti loro dalla legge: e questo vale in modo particolare per i garanti comunali, che per la prossimità con cui seguono le vicende degli istituti nel proprio territorio sono in grado di assicurare il rispetto di quei diritti in modo ancora più puntuale e rigoroso.
Sulla vicenda di Ioia, naturalmente, la giustizia farà il suo corso: e forse non è inutile ricordare, come da Radicali non abbiamo mai mancato di fare, che le esperienze passate di ciascuno non possono rappresentare motivi validi per mettere da parte la presunzione di innocenza, che fino a prova contraria deve valere per chiunque. Ma al di là del caso specifico e del suo esito sarebbe davvero una sciagura se questa vicenda finisse per alimentare e consolidare un sentimento di indifferenza, o peggio di sfiducia, nei confronti dei garanti come istituzioni, e quindi contribuisse a rafforzare la corrente di pensiero che li vorrebbe ridimensionati nei poteri, nelle attribuzioni e nelle possibilità di intervento.
Al contrario, la legalità che in questo caso si ipotizza violata è la stessa legalità che i garanti contribuiscono quotidianamente ad affermare all’interno delle nostre carceri: e dunque la risposta più efficace, anche nel caso in cui fosse confermato che a violare la legge sia stato uno di loro, dovrebbe essere quella di potenziarne l’attività e mettere loro a disposizione strumenti più incisivi per poterla svolgere al meglio.