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Easyjet calabria
La governatrice Santelli parla di razzismo, i parlamentari - da destra a sinistra - pretendono pubbliche scuse e i social trasudano rabbia e indignazione. Insomma, la rozza campagna della compagnia area Easyjet, che ha descritto la Calabria come terra di 'ndrangheta e terremoti, è stata crocifissa e l'azienda costretta alle scuse. Eppure è troppo comodo prendersela solo con la compagnia area, che pure ha usato cliché davvero banali e beceri. Il fatto è che in questi anni tv, radio e giornali non hanno fatto altro che dipingere la Calabria come una terra nelle mani della ndrangheta, facendo passare il suo mare cristallino come il più inquinato d'Italia. E non importa se la grandissima parte dei calabresi non abbiano nulla a che fare con le mafie; e né importa che le analisi delle acque di balneazione delle agenzie governative dicano da anni che il mare calabrese è "eccellente". No, nulla di tutto questo è decisivo perché nell'immaginario collettivo - costruito con caparbietà attraverso fake e populismo mediatico-giudiziario - la Calabria è e resta "terra di 'ndrangheta e inquinamento". Ma accusare Easyjet significa assolvere se stessi e chi in questi anni ha veicolato quell'immagine cupa e fasulla della Calabria. Non senza qualche tornaconto in termini di carriera e visibilità: parliamo di giornalisti che svolgono la professione limitandosi a frequentare le sale d'aspetto delle procure in attesa di qualche ordinanza da copiare e incollare. E di qualche magistrato che ha portato avanti inchieste decisamente temerarie, naufragate alla prima udienza. "Anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti", cantava Fabrizio De Andrè.