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LaPresse
In seduta permanente fino a domani. Gli eurodeputati di Fratelli d'Italia, dopo l'incontro di un'ora avvenuto con Ursula von der Leyen che la stessa presidente designata dalla Commissione ha definito «intenso», hanno fatto capire che la questione dell'eventuale appoggio o astensione per il voto di domani sarà sciolta sul filo di lana, verosimilmente domani mattina poco prima del fatidico voto sulla presidenza Ue.
Dopo la serrata esposizione del programma di legislatura fatta da von der Leyen, che è stata a sua volta incalzata dalle domande degli esponenti di Ecr, di certo c'è solo che il gruppo dei Conservatori andrà al voto in ordine sparso, ma questo in parte era già stato preventivato. Ciò che veramente conta è come si comporterà la delegazione italiana, sia per il peso specifico ricoperto (24 deputati su 78) sia per il fatto che la trattativa è condotta personalmente dalla presidente del Consiglio di un paese fondatore, che in questa veste si sta anche industriando per ottenere un commissario di peso.
Per tutta la giornata Giorgia Meloni è stata costantemente ragguagliata dai vertici della delegazione di FdI a Strasburgo sull'andamento delle riunioni ufficiali e ufficiose, e anche degli esiti delle trattative svoltesi a margine dell'elezione dell'Ufficio di presidenza del Parlamento europeo per portare Antonella Sberna a fare la vice della rieletta Roberta Metsola.
Da queste votazioni, che preludono al clou di domani, possono essere tratti degli indizi su cosa bolle in pentola, ma non delle conclusioni. E' certo un fattore fluidificante, rispetto alla trattativa Meloni-von der Leyen, il fatto che FdI abbia dato il via libera a un nuovo mandato per la presidente uscente dell'Assemblea (peraltro assieme a Fi e alla Lega, ristabilendo per una mattinata anche in Europa l'unità del centrodestra), così come è significativo – se possibile anche di più del voto sulla Metsola – l'ok del Ppe alla vicepresidenza di Sberna.
Il nocciolo della questione, però, rimane ciò che la numero uno di Bruxelles è disposta a concedere all'Italia in termini di peso all'interno della Commissione, in rapporto anche a quello che ha garantito agli altri big dei 27, in sella a governi traballanti come quello tedesco o francese.
Certo, ci sono questioni di merito che vanno sistemate e sulle quali FdI non può dare l'impressione di compromettersi con un'astensione in cambio di semplici rassicurazioni. Stando a quanto è filtrato, la parte programmatica sulle politiche di contrasto all'immigrazione illegale ha soddisfatto gli eurodeputati di FdI, anche perché von der Leyen ha tessuto le lodi della nostra premier su questo fronte, citando anche il piano Mattei, mentre sul cambio di rotta rispetto al green deal gli argomenti della presidente sono stati ritenuti insufficienti e indirizzati dall'esigenza di mantenere un canale di comunicazione coi Verdi. Che si tratti di una sorta di rompicapo lo testimonia anche il sì di questi ultimi a Metsola, a dispetto delle nette differenze politiche, proprio per non pregiudicare ogni possibile sviluppo in vista di domani.
Di certo, man mano che passa il tempo la pressione su FdI aumenta, anche perché, come detto, alcune componenti dei Conservatori hanno già tratto il dado in un senso o nell'altro. Come ad esempio i polacchi del Pis, osservati speciali in questa fase poiché fortemente sospettati di intelligenza col gruppo “Patrioti per l'Europa” creato dal premier ungherese Viktor Orban, nel quale potrebbero confluire in un secondo momento. Per ora, gli esponenti del Pis si sono limitati a dire con toni ruvidi che diranno no a una «persona che esiste grazie alle ideologie della sinistra e dei Verdi» e che «ci ha mentito». Altri Conservatori, invece, diranno di sì a Ursula, ma il loro peso specifico è trascurabile: si tratta dei tre deputati del partito fiammingo N-VA.
Per Fratelli d'Italia, resta il problema politico interno di un Matteo Salvini sempre in agguato e pronto a sparare a palle incatenate dal fronte destro, nel caso di un appeasement tra Meloni e von del Leyen. In quest'ottica, a via della Scrofa non è stato gradito molto il passaggio della presidente della Commissione al gruppo della Sinistra, ma a lenire l'imbarazzo dei meloniani ci sono i problemi già nati in seno ai Patrioti dopo la designazione di Roberto Vannacci a vicepresidente del gruppo, che ha fatto storcere la bocca ai lepenisti.