A uno sguardo sbrigativo, non sembra che sia cambiato molto. Nel corso della legislatura, a Forza Italia era già capitato di tirare dritto sul garantismo, anche a dispetto delle ritrosie di FdI e Lega. Valga per tutti il caso, sempre sottovalutato, delle intercettazioni: giusto un anno fa gli azzurri non si arresero, quando gli alleati, Carroccio in testa, li “invitarono” ad accantonare gli emendamenti “anti Bonafede” al decreto 105, il provvedimento nato per estendere le norme antimafia sugli “ascolti” ai reati commessi in ambito non associativo. Ecco, il drappello dei deputati- avvocati forzisti che presidia la commissione Giustizia di Montecitorio tenne il punto ed ebbe ragione su quasi tutta la linea, a cominciare dai limiti sulle intercettazioni a strascico.

Cosa c’è di nuovo allora, sul piano politico, dietro la proposta azzurra sulle madri condannate ma con figli neonati? Che stavolta il campo d’azione non è semplicemente il garantismo di matrice processual-penalistica, prospettiva che alla Lega, oltre che ai meloniani, non è poi così estranea (basti pensare alla battaglia condotta due anni fa dal Carroccio, insieme col Partito radicale, per i referendum sulla giustizia). Adesso in gioco c’è la materia dei diritti universalmente intesi, dal carcere ai migranti. E su un terreno del genere gli equilibri sono completamente diversi. Non foss’altro perché mentre su intercettazioni e garanzie processuali il più delle volte non c’è alcuna reale convergenza tra azzurri e opposizione, quando si tratta di diritti delle minoranze o delle fasce marginali quella saldatura diventa possibile.

Stavolta, nel caso delle madri detenute, o dello Ius scholae, si tratta di diritti delle minoranze. E a volte, di minoranze come i rom, che rischiano di essere lo specifico bersaglio di alcune norme del ddl Sicurezza. È così per l’articolo della legge in queste ore all’esame della Camera che cancella l’obbligo di differire la pena per le donne con figli piccoli, di 3 anni o meno. Come riferito in queste pagine, e anticipato già sul Dubbio di ieri, l’emendamento di Forza Italia ripristina l’obbligo, per il giudice, di evitare la detenzione almeno per le condannate che abbiano figli neonati fino a 12 mesi di età. Rettifica che riguarda certamente le donne senza precedenti, e che invece si limita a prescrivere una particolare valutazione del giudice se si tratta di “recidiva”.

Persino per le madri che hanno già altre condanne alle spalle, però, la discrezionalità del magistrato, secondo Forza Italia, deve avere un limite: si dovrà valutare, riguardo al differimento della pena, se la condizione familiare sia così degradata che – nella prospettiva del supremo interesse del minore – la vita fuori dal carcere pregiudicherebbe “l’integrità psico- fisica” del piccolo ancor più della detenzione. Qualora prevalga, da parte del giudice, una così estrema considerazione, madre e figlio dovrebbero essere comunque destinati a un “istituto a custodia attenuata”.

La modifica proposta dai deputati azzurri (in particolare da Paolo Emilio Russo, Annarita Patriarca e Rita Dalla Chiesa) non stravolge l’impostazione del ddl Sicurezza: la “addolcisce”. La tutela riguarda solo i bimbi piccolissimi. Già dopo il primo anno di età, la prospettiva di crescere reclusi con la mamma resterebbe.

Resta il fatto che alla Lega e, seppur con un atteggiamento di minor chiusura, a FdI, la linea azzurra non piace. Ma come detto, il quadro è politicamente nuovo. Cambia l’oggetto, la materia. I diritti e non semplicemente il processo penale. Ma cambia pure il rapporto di forza.

O meglio il punto di tenuta. In casi come la ricordata trattativa condotta un anno fa, dai berlusconiani, sulle intercettazioni, l’idea di tirare dritto e contare magari sui voti del centrosinistra era esclusa. Ora invece la si considera. Ecco perché il confronto è assai più teso. Forza Italia, Antonio Tajani in testa, si batte, anche al di fuori dell’emiciclo di Montecitorio, per convincere gli alleati a non porre veti assoluti sulle madri detenute. In astratto, la sfida in solitudine è una possibilità. Vorrebbe dire, per gli azzurri, votare l’emendamento insieme con il centrosinistra. Ipotesi remota ma non del tutto irrealistica. E intanto Forza Italia un risultato lo porta a casa: ha indirettamente costretto la Lega a tenere da parte, almeno per ora, l’emendamento ventilato dal sottosegretario all’Interno Nicola Molteni come “rilancio” contro l’idea degli azzurri sullo Ius scholae: la norma leghista revocherebbe immediatamente la cittadinanza italiana alle persone di origine straniera che commettono reati. Ma appunto, non è stata presentata come modifica al ddl Sicurezza, cosa che Molteni, fino a un paio di giorni fa, pure aveva “minacciato” di fare. Si deve aggiungere un ultimo aspetto. Scontato, ma fino a un certo punto.

Nel primo anno e mezzo di legislatura, FI non ha avuto la forza politica di “minacciare” strappi. Al massimo poteva insistere su aspetti strettamente tecnico- giuridici. Ora quel potere contrattuale Tajani e i suoi lo hanno eccome: è assicurato dalla percentuale ottenuta alle Europee, dal sorpasso sulla Lega. È una condizione che consente agli azzurri di andare in mare aperto.

Anche perché, dopo la morte di Silvio Berlusconi, la cassa del partito è nelle mani dei figli, di Marina e Piersilvio in particolare. Pronti a navigare lungo una rotta non sovrapponibile a quella del padre. E a sollecitare Forza Italia affinché interpreti il ruolo di partito moderato del centrodestra in una chiave più moderna, più laica, più autonoma.

Non è cambiato semplicemente qualcosa: è cambiato moltissimo. È evidente. A non essere facilmente misurabile è lo sconquasso che una simile ridefinizione degli equilibri può provocare nel governo di Giorgia Meloni.