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Con un ritardo di 10 giorni sulla tabella di marcia, il governo Gentiloni non ha ancora trovato la quadra sulla nomina di sottosegretari e viceministri. Il toto- nomi impazza da giorni e ieri si sperava di chiudere la partita oggi stesso. Invece, a meno di novità dell’ultim’ora, sembra tutto rinviato a dopo Natale, probabilmente al 29 dicembre, il giorno in cui il nuovo premier terrà la sua prima conferenza stampa di fine anno. Pomo della discordia: le rivendicazioni di Ala di Denis Verdini che però, dopo non aver incassato neppure un ministro, starebbero perdendo quota per via dell’appoggio da “opposizione responsabile” annunciato ( e già praticato sul salvataggio di Mps) al governo da Silvio Berlusconi sui provvedimenti che riterrà “positivi”.
Verdini e i suoi avrebbero già polemicamente fatto presente a Gentiloni e al maggiore azionista del governo, Renzi, che sbaglierebbero a fidarsi di Berlusconi anche perché ha già detto che non voterà tutti i provvedimenti. Rivendicano, i verdiniani, parlando con “Il Dubbio: “Con i numeri così risicati al Senato, chi garantisce ogni volta al governo il numero legale? ”. Secondo gli uomini di Verdini non basterebbe neppure l’aiuto del gruppo Gal, di cui il cossighiano Paolo Naccarato potrebbe diventare sottosegretario.
Ma contro Ala sembra ci si sia messa anche Ncd che perderebbe nel gioco di incastri alcune postazioni se entrassero i verdiniani. E in tutto questo un Renzi indebolito, per tenersi saldo in sella, intende dare dei ruoli anche alle più potenti correnti interne del partito. Ecco perché nel toto- nomi hanno preso a circolare anche quelli di Emanuele Fiano, come possibile sottosegretario alla presidenza del Consiglio ( con delega ai servizi segreti?) e di Piero Fassino come sottosegretario agli Esteri. Entrambi sono nomi di peso e considerati vicini alla influente Areadem di Dario Franceschini.
I principali sottosegretari saranno riconfermati: da Gennaro Migliore ( Giustizia) a Sandro Gozi ( Affari europei) a Antonello Giacomelli ( Comunicazione) a Enzo Amendola ( Esteri).
La volontà di Matteo Renzi è creare maggiore unità attorno alla sua leadership. Lui stesso ormai non darebbe più per escluso il tramonto del suo sogno di andare a votare il prima possibile, al massimo entro giugno. Un Renzi indebolito anche dal pressing del Colle perché il governo Gentiloni resti in carica per fare una legge elettorale (“Che dia esiti certi”, ha detto Mattarella) e adempia nel pieno delle sue funzioni alle scadenze internazionali come il G7 a fine maggio a Taormina, si starebbe attrezzando anche all’eventualità che si arrivi a fine legislatura. Renzi avrebbe detto ai segretari regionali e provinciali l’altro ieri: “O giugno o fine legislatura, si tratta di pochi mesi e noi dobbiamo essere pronti”. Si rafforza dunque quello che verrebbe da chiamare il governo “Gentisconi” o “Gentusconi” dopo l’appoggio annunciato da Berlusconi? Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato e big forzista, dice: “No, nessun governo Gentusconi. E’ una valutazione non condivisibile”. Ma da ex compagno di liceo ( al Tasso) del premier, Gasparri ricorda: “Gentiloni lo conosco da 46 anni. So che non è un improvvisato della politica. Né un writer della politica come Renzi”. Comunque sia, sembra crescere attorno al Renzi il partito del voto nel 2018.
E Renzi, a meno che dentro di sé continui a sperare nella possibilità di votare in primavera con la legge elettorale che potrebbe di fatto scaturire dalla sentenza della Consulta, dovrà attrezzarsi di conseguenza. Glielo suggerisce anche il senatore di Gal Naccarato: “Renzi risorgerà. Ma Gentiloni ora deve proseguire”. Il problema però è che più il tempo passa più il segretario del Pd dovrà impegnarsi per dare risposta ai malumori del partito che gli avrebbero esternato anche alcuni dei segretari regionali e provinciali rimproverandolo di una situazione di fragilità sul territorio. “Ora Renzi dovrà passare più tempo con quelli che lavorano tra la gente. La situazione del partito è un disastro. Ma lui ci si vedrà in questo ruolo che ha sempre snobbato? Ci ha detto che ha perso il referendum perché non siamo stati capaci di lavorare sul web… “, avvertono negli ambienti della minoranza interna. Probabilmente, come spiegano a “Il Dubbio” parlamentari di lungo corso, se non si va a votare a giugno ( cosa resa complicata dal G7 di Taormina) non resterebbe che la fine della legislatura per tornare alle urne: “Ce lo vedete il Pd affrontare le elezioni a ottobre quando potrebbe essere accusato di aver fatto in modo che i parlamentari prendano il vitalizio il 15 settembre? ”. No solo, in autunno deve essere fatta la legge di Stabilità, che potrebbe prevedere pesanti tagli per non aumentare le tasse. Quindi, come dicono dentro FI: “Chi meglio di Gentiloni che non è un leader di partito potrebbe fare una manovra così? ”.
Gentiloni, già definito “Gentisconi”. Con tanto di ira di Salvini contro il Cav che l’altro ieri aveva gelato il leader leghista: “ Sei rimasto un giovane comunista”. Salvini ha ricambiato: “Berlusconi vende l’anima al diavolo per salvare Mediaset”. Stavolta gli ha risposto per le rime anche il governatore azzurro Toti, il più filoleghista di FI: “Mediaset non è materia di scambio con il governo”. E ora la Lega se ci sarà il proporzionale e verrà sganciata dal Cav dovrà davvero mettere alla prova se stessa.