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La premier Giorgia Meloni
Domani si commemora Paolo Borsellino. Giorgia Meloni avrebbe voluto partecipare alla fiaccolata ma per motivi di ordine pubblico non vi parteciperà, ma sarà presente a una cerimonia ufficiale, nella primissima mattinata, alla caserma Lungaro.
Evidentemente si respira un clima ancora di tensione nel mondo dell’antimafia, dopo le dichiarazioni del ministro Nordio sulla modifica del concorso esterno. Non è bastato a rasserenare gli animi l’annuncio della premier su un decreto legge per “rimediare” a una “recente sentenza della Cassazione” che secondo il Governo potrebbe mettere a rischio alcuni processi di mafia, lasciando impuniti delitti gravi di cui non emerge nettamente il collegamento con la criminalità organizzata. L’intento dell’Esecutivo è quello di chiarire “una volta per tutte” cosa debba intendersi per “reati di criminalità organizzata”. Ad essere presa di mira la sentenza 34895 del 2022, Presidente Angela Tardio, relatore Filippo Casa.
La stessa preoccupazione della Presidente del Consiglio era stata sollevata dal Procuratore Nazionale Antimafia, Giovanni Melillo, in un convegno organizzato da AreaDg, guidata da Eugenio Albamonte, dove disse: “dire che un omicidio di mafia non è un delitto di criminalità organizzata è obiettivamente qualcosa che si fa fatica a spiegare; su questa strada si sta incrinando la sorte di tutti i processi di criminalità organizzata, ancora non definiti con sentenza passata in giudicato”. La questione è motivata in maniera molto complessa. Essa riguardava sei imputati del clan Vastarella, storica famiglia camorrista da tempo presente nello storico rione partenopeo della Sanità, condannati con rito abbreviato dal gip di Napoli per il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso aggravata, nonché per reati in materia di armi, ricettazione, minaccia e tentata estorsione aggravati.
Leggendo il dispositivo di quella sentenza della Cassazione, lungo 24 pagine, gli ermellini hanno accolto un motivo di ricorso dell’avvocato di Addolorata Staterini, condannata con doppia conforme alla pena di otto anni di reclusione. Il legale stigmatizzava il fatto che il giudice per le indagini preliminari “autorizzò l'intercettazione di conversazioni tra presenti sulla base dei presupposti di cui all'art. 13 dl. n. 152/91, pur non riguardando le finalità d'indagine un delitto riconducibile alla categoria della ‘criminalità organizzata’”.
Il problema qual è: quel dl 152/91, che vede tra gli autori anche Giovanni Falcone appena arrivato al ministero della Giustizia, permette, tra l’altro, di intercettare sulla base di elementi probatori molto minori rispetto a quelli previsti per gli altri reati ordinari, per cui bastano i sufficienti indizi anziché i gravi indizi di colpevolezza. Inoltre il termine per la prima intercettazione è di quaranta giorni e non quindici. In pratica prevede una serie di previsioni di vantaggio per gli inquirenti. Tale norma fa riferimento ai delitti di criminalità organizzata. Invece la Cassazione con quella sentenza ha stabilito che non è sufficiente l’aggravante di mafia per accedere al regime semplificato del dl 152/91, in sintesi per parlare di criminalità organizzata. Pertanto quella norma non si poteva applicare al caso della signora Staterini. Di conseguenza la Cassazione, accogliendo il motivo di ricorso del legale, ha annullato la sentenza della Corte di Appello di Napoli e rinviato ad altra sezione per un nuovo giudizio.