Se l'autunno, per antonomasia, è caldo a causa dei dossier economici e sociali, questa estate, per il governo, è senza dubbio l'estate rovente dei media. In attesa delle turbolenze della rentrée che normalmente accompagnano l'impostazione della Legge di Bilancio (senza contare che quest'anno segna il ritorno all'austherity col nuovo Patto di Stabilità Ue) il fatto che le polemiche degli ultimi giorni ruotino tutte attorno alla questione della libertà di stampa e del servizio pubblico, non è casuale, se lo si contestualizza nella lotta che si sta svolgendo sotto il pelo dell'acqua, rispetto al rinnovo dei vertici Rai.

Come è noto, nei prossimi giorni la maggioranza di centrodestra è chiamata a trovare un accordo sulla nomina dei quattro consiglieri di amministrazione di nomina parlamentare. Un accordo che tarda ad arrivare, tanto che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, dalla Cina, ha tenuto a dire che tra domani e lunedì si dovrà necessariamente tenere un vertice di maggioranza con l'intenzione dichiarata di non lasciare la questione pendente durante la pausa estiva, con tutto ciò che questo potrebbe comportare in termini di ulteriori strascichi polemici.

Il problema, però, è che quando in ballo ci sono le nomine del servizio pubblico il senso di coesione di un'alleanza politica viene fatalmente meno, in nome dell'esigenza di piazzare persone fidate in posti chiave. Conoscendo l'importanza della posta in gioco e il potenziale divisivo della questione, Meloni vuole chiudere subito. Non sarà facilissimo, perché Matteo Salvini da tempo sta impiegando tutta la sua forza di disturbo per farsi notare e mandare segnali che molti hanno decifrato proprio con l'intenzione di ottenere quello che desidera per il Carroccio.

Che, nella fattispecie, sarebbe la figura del Direttore generale, col problema che trattandosi di una posizione facoltativa, l'Amministratore delegato in pectore Giampaolo Rossi (vicino a FdI) vorrebbe che non venisse occupata per evitare spiacevoli dualismi. Ovviamente, a via Bellerio sono di avviso contrario, non è dato sapere se per intima convinzione sull'utilità di una cabina di comando doppia o per volontà di alzare la posta su altri tavoli. Fatto sta che nel giro di una settimana occorrerebbe che la conferenza dei capigruppo di Montecitorio fissasse le votazioni per i detti consiglieri, cosa che naturalmente non potrà avvenire senza rassicurazioni da Palazzo Chigi sull'avvenuto accordo. Inoltre, l'Ufficio di presidenza della commissione di Vigilanza Rai dovrebbe stabilire la data della votazione sul nuovo presidente del servizio pubblico, per il quale serve la maggioranza qualificata di due terzi e che dovrebbe nominare Simona Agnes, al posto della dimissionaria Marinella Soldi.

Non è sfuggito ai più che Salvini non ha sostenuto la reazione fortemente polemica di Meloni contro il Rapporto Ue sullo Stato di diritto e i successivi attacchi a una parte della stampa italiana, accusata di “intelligenza col nemico”, lasciando ricadere interamente sulla presidente del Consiglio la pioggia di critiche sull'atteggiamento tenuto in questa fase, a partire dalla lettera di risposta indirizzata direttamente a Ursula von der Leyen. La “battaglia per la Rai”, notoriamente, è senza esclusione di colpi e non sarebbe la prima volta se dagli scrutini del Parlamento in seduta comune uscissero dei nomi frutto di accordi sottobanco tra forze politiche appartenenti a schieramenti diversi. E per superare i veti o i piccoli ricatti degli alleati, spesso conviene “inciuciare” col nemico, magari ripiegando su un nome più ecumenico.

Se la si vede in questo contesto, dunque, la partita per la nuova Rai spiega l'estremo attivismo della Lega che mette talvolta in serio imbarazzo la premier, come nel caso delle proposte di abolizione dell'obbligo vaccinale per i bambini o del divieto di declinare al femminile alcune qualifiche professionali. Ma soprattutto, rivela quanto la polemica innescata da Meloni contro la media possa rivelarsi un autogol, visto che arriva proprio a ridosso delle nomine Rai, che usualmente provocano la reazione veemente delle opposizioni, leste ad accusare il governo di voler occupare la tv di Stato. Anche in questo, può intravedersi il sintomo di un certo nervosismo di fine stagione.