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Walter Verini, deputato e tesoriere Pd, spiega che in futuro l’Italia avrà bisogno «di un presidente della Repubblica che abbia le stesse caratteristiche di Mattarella e di un governo come quello di Mario Draghi» e sulla questione pensioni è chiaro: «La concertazione con le parti sociali è decisiva, perché i sindacati svolgono un ruolo fondamentale».
Onorevole Verini, dal post Amministrative il governo esce rafforzato o indebolito?
Il risultato delle Amministrative ha rafforzato il governo Draghi, perché ha rafforzato quelle forze che lo sostengono con più determinazione e lealtà e ha indebolito quelle forze, come la Lega, che da dentro la maggioranza hanno svolto in questi mesi un ruolo spesso destabilizzante. Così come quelle forze di opposizione, come Fratelli d’Italia, che non sono state certo premiate dal voto. Quindi hanno perso le forze destabilizzanti e hanno vinto quelle più leali a Draghi. Anche nel campo del centrodestra mi pare di capire che il dato di Forza Italia dia un segnale a favore di un atteggiamento leale verso il governo.
Alla luce di questo, pensa che il Pd debba intestarsi questo governo in maniera definitiva, magari proponendo ancora Draghi a palazzo Chigi anche oltre il 2023?
Mi pare prematuro parlarne. La realtà è che c’è un governo per il quale il presidente della Repubblica ha chiesto ai partiti uno sforzo di responsabilità e noi siamo stati i più convinti, anche perché per noi è naturale sostenere un governo europeista. Oggi dobbiamo portare a termine sia la campagna di contrasto alla pandemia con il green pass e la terza dose alle porte sia il Pnrr con tutto cioè che ne consegue.
In che modo questo progetto si sposa con l’alleanza strutturale con il Movimento 5 Stelle?
Evitiamo termini enfatici. Laddove questa alleanza, che è politica, ha avuto il tempo giusto e il contesto giusto per essere costruita attorno a programmi e candidature, i risultati sono stati positivi. Questo non è avvenuto laddove ci sono stati anni di dure contrapposizioni locali, tipo a Torino e Roma, ma nelle tante realtà dove l’alleanza è stata costruita dal basso l’accordo ha funzionato e questo ci incoraggia a proseguire lungo la strada che vede il Pd in prima linea per costruire un campo larghissimo sia alle prossime Politiche sia a partire dalle Regionali siciliane del prossimo anno. Il rapporto con i Cinque Stelle e con tutte le altre forze riformiste è destinato a consolidarsi. Ma intanto, come ha bene detto Letta nella bella relazione in Direzione, compito immediato del Pd è quello di rafforzare la sua unità, aprirsi alla società anche con le Agorà, costruire alleanze con le persone, non tanto con le sigle.
A proposito di Regionali siciliane, è di ieri il definitivo apparentamento tra Italia viva e Forza Italia, con Miccichè a fare da grande mediatore. Cosa ne pensa?
Quando noi parliamo di uno schieramento più ampio possibile, progressista e riformista, basato su programmi da attuare e che non sia solo una somma si sigle, non vogliamo escludere nessuno. Gli avversari sono le forze di una destra che anche nel continente non è a sostegno di un’Europa avanzata e moderna ma sta con la Le Pen, con Orban, con Morawiecki. Tutto quello che isola le forze della destra va bene, ma il tema è che uno schieramento positivo e non solo contro le destre deve vedere tutte le forze riformiste dentro, perché se ci si frammenta in una logica non bipolare e anche trasformista, si finisce per indebolire il progetto rischiando di favorire le destre.
A questo è legato anche il dibattito sulla legge elettorale. Qual è il suo punto di vista?
Il Paese vive una stagione di nuovo bipolarismo: da una parte ci sono le destre sovraniste, dall’altro le forze europeiste riformiste che, come il Pd, fanno del dopo pandemia un’occasione di crescita ma anche di lotta alle disuguaglianze sociali. A me interessa che ci siano due poli, poi personalmente penso che la migliore legge elettorale sarebbe un maggioritario a doppio turno come quello per i sindaci ma, al di là del modello, quello che conta è che un cittadino, quando vota, abbia lo scettro in mano e debba poter scegliere i propri rappresentanti. Quindi è giusta l’idea dei collegi, ma al tempo stesso il cittadino deve avere la certezza che i suoi rappresentanti, il suo partito, una volta in Parlamento non tradiscano l’indirizzo per cui si è chiesto il voto.
Sono settimane di confronto in vista della legge di Bilancio. Crede che su questi temi possano esserci delle frizioni in maggioranza?
Si sta lavorando a una legge di Bilancio espansiva, di crescita, e noi come Pd vogliamo che questo significhi più lavoro, più uguaglianza sociale, parità salariale e di genere, vera sostenibilità ambientale, meno evasione fiscale e meno tasse a famiglie, imprese, lavoro. Una cosa è certa: oggi noi siamo in sintonia con l’azione del governo Draghi, grazie anche ai nostri ministri, che danno anima sociale al lavoro dell’esecutivo.
Sulle pensioni c’è il rischio che oltre che con la Lega Draghi debba fare i conti anche con altre forze politiche di maggioranza?
La decisione definitiva sulle pensioni dovrà essere il più possibile condivisa con le grandi organizzazioni sociali. C’è bisogno di una moderna concertazione, non paralizzante. La concertazione con le parti sociali è decisiva, perché i sindacati svolgono un ruolo fondamentale e non a caso Forza Nuova ha assaltato la Cgil. Serve equilibrio tra lavoratori che stanno uscendo dal mondo del lavoro e giovani generazioni.
Lo stesso equilibrio che cercate sul ddl Zan, dopo che avete aperto a modifiche fino a poco tempo fa insperate.
Se la volontà di apportare migliorie è vera, il Pd è disponibile a discutere. Di certo, il testo già approvato dalla Camera non può essere snaturato. In secondo luogo, se vogliamo discutere si eliminino quelle pregiudiziali che oggi non permetterebbero di andare avanti. Ma mi fido della mediazione di Zan e della Malpezzi.
Qualche riga sopra ha detto che questo è il governo del Pd: sareste pronti a far parte di un governo diverso con Draghi al Quirinale?
Il Quirinale è un tema, ma abbiamo ancora due mesi di forte impegno parlamentare con un calendario di lavoro molto intenso. Draghi sta svolgendo un ruolo fondamentale al governo, quando sarà il momento si dovrà ascoltare anche la sua volontà. L’auspicio è che sia un’elezione più possibile larga e condivisa, per dare un forte segnale di unità del Parlamento. Abbiamo bisogno di un presidente della Repubblica che abbia le stesse caratteristiche di Mattarella e di un governo come quello di Mario Draghi. Qualunque soluzione dovrà comunque garantire sintonia con il Paese, forte condivisione parlamentare e un solido rapporto con l’Europa.