Sarà probabilmente l'autunno più delicato della sua carriera politica, quello che si appresta a vivere Matteo Salvini. Non che il leader della Lega non abbia già vissuto momenti di difficoltà, anche grande: basti pensare all'estate del 2019, quella del Papeete, quando tentò l'assalto a Palazzo Chigi e si ritrovò all'opposizione, con un crollo nei consensi alle successive tornate elettorali. Ma anche nel momento più buio, il Capitano non vide mai la propria leadership in discussione all'interno del Carroccio. Le cose, a quanto pare, sono cambiate e non di poco, e nelle prossime settimane Salvini dovrà lavorare duramente non per drenare consenso elettorale, con delle campagne spesso spregiudicate e populiste, bensì per proteggere la poltrona di segretario da una serie di insidie, oggi più che mai concrete.

La minaccia più immediata sembra essere rappresentata dal Generale Vannacci, non tanto al suo ruolo di leader del Carroccio, quanto a quello di dominus delle liste e dei quadri del partito. A livello politico, la cosa ha una sua logica: Vannacci, coi 500 mila voti ottenuti alle ultime Europee, è stato determinante nello scongiurare il temutissimo smottamento elettorale della Lega, tenendo a galla il partito di Salvini, che è stato sì superato da Forza Italia ma con un margine talmente risicato da mettere i due partiti sostanzialmente sullo stesso piano. Il fatto è che Vannacci si ritiene capofila di un progetto politico – a suo dire – di ampio respiro, che per il momento è compatibile con la partnership con la Lega ma in futuro potrebbe anche non esserlo.

Come è noto, il Generale ha già iniziato a strutturare la propria associazione “Il mondo al contrario sul territorio, nominando anche dei responsabili di area, additando chiaramente una piattaforma politica di estrema destra, con ammiccamenti nostalgici, rivolti chiaramente a quella parte del vecchio elettorato della Fiamma che non ama vedere Giorgia Meloni a braccetto con i burocrati di Bruxelles o dichiarare eterna lealtà alla Nato. In quest'ottica, i bene informati sostengono che Vanancci non abbia mancato di far pesare il proprio mezzo milione di voti a via Bellerio, reclamando uno spazio per i suoi fedelissimi all'interno delle liste che Salvini preparerà per le Regionali di Umbria, Liguria ed Emilia-Romagna.

Una sorta di pagamento a quattro mesi di una cambiale firmata dal leader del Carroccio al momento delle elezioni per l'Europarlamento. C'è chi parla di una quota pari al 30 per cento, e chi invece della garanzia di un posto in lista per un manipolo di collaboratori stretti del Generale. Il problema, si osserva nei corridoi di Palazzo che timidamente tornano a popolarsi, è che Salvini dovrà trovare un equilibrio tra il beneficio elettorale ottenuto a giugno grazie a Vannacci, e il costo in termini di leadership personale.

La minaccia del Generale, infatti, è doppia: da una parte c'è l'oggettiva diminutio che comporterebbe per lui la cessione di un terzo del partito – o per lo meno delle liste - ad un esterno, dall'altra c'è il possibile contraccolpo che questo fatto avrebbe all'interno del Carroccio. Se già la semplice candidatura a capolista del Generale aveva fatto storcere la bocca ai militanti di lungo corso, compresi eletti prestigiosi come l'ex ministro Gian Marco Centinaio e il capogruppo al Senato Massimiliano Romeo, è lecito chiedersi cosa succederebbe se quello che molti considerano un parvenu estraneo alla tradizione federalista e nordista della Lega dovesse intestarsi una quota così corposa di eletti. La preoccupazione, per Salvini, è ampiamente giustificata, poiché l'appuntamento congressuale previsto per il tardo autunno, sarà il primo, dopo dieci anni di leadership incontrastata, nel quale il vicepremier potrebbe vedersela con delle mozioni alternative e dei rivali degni di questo nome. E tra gli argomenti dei competitors non mancherebbe di certo il fatto di aver appaltato una parte del partito più longevo del panorama politico italiano all'”ultimo arrivato”. Che da par suo, continua ad esplorare territori sempre più a destra, per vedere l'effetto che fa. Uno potrebbe essere quello di un'iniziativa di una rete di nostalgici missini, per togliere la Fiamma al partito della premier e devolverla proprio a Vannacci, che a quel punto potrebbe utilizzarla per il proprio movimento. Inutile aggiungere che se ciò dovesse mai succedere, la convivenza nello stesso partito di Zaia, che ha condotto battaglie come quella sul fine vita, e del Generale sarebbe impossibile.