PHOTO
Tutti figli di Berliguer in campagna elettorale. Non importa essere di destra o post ideologici, quando una forza populista vuole convincere i vecchi militanti a cambiare bandiera si autoproclama erede, in tutto o in parte, del leader comunista. Lo ha fatto Gianroberto Casaleggio 2014, invitando i manifestanti a urlare il nome dell’ex segretario del Pci nella storica piazza San Giovanni, e lo fa da mesi Matteo Salvini, girando in lungo e in largo l’Emilia Romagna. «L’integerrimo dirigente della questione morale», «l’uomo perbene», «il leader dei lavoratori e non delle banche». Sono queste le frasi che rimbalzano da un palco all’altro, lanciate come esche, e come appigli, per elettori imbarazzati a frequentare piazze un tempo considerate “nemiche”. Così Berlinguer, per magia, si trasforma in un potenziale simpatizzante della Lega, avversaria dei poteri forti. «Se ci fossero Berlinguer e Peppone e vedessero Zingaretti, Renzi e Bonaccini cambierebbero marciapiede. Peppone e don Camillo voterebbero Lega», afferma impavido l’ex ministro dell’Interno durante un comizio a Maranello. Sono i miracoli del sovranismo, del “rossobrunismo” in cui tutto si mescola. Le famiglie politiche apparentemente sfumano i loro confini e ognuno può dichiararsi figlio di chi vuole. E se dalla piazza accanto arrivano le note di “Bella Ciao”, intonata dalle Sardine, è ancora il compianto segretario comunista a fare da scudo sonoro contro le contestazioni. «Non ci sono più i contestatori di una volta. Cantano “Bella Ciao” con il rolex al polso. Fosse qua Berlinguer vi prenderebbe a sputazzi», replica “il capitano” a Piacenza.Il copione è lo stessoanche a Brescello, patria ideale di Peppone e Don Camillo. «Non avete idea di quanti vecchi comunisti mi abbiano detto in questi giorni: quelli del Pd preferiscono i banchieri agli operai, stavolta voto per voi!», insiste Salvini. «Peppone e Don Camillo erano persone serie, politicamente erano distanti, ma leali. A sinistra oggi è cambiato il mondo, se pensiamo che una volta c'era più senso dell'onore e del rispetto in politica, da Luciano Lama a Enrico Berlinguer. Invece ora ci sono Renzi e Zingaretti...». Parole come onore e rispetto, non certo concetti cari al lessico comunista, perdono significato, soprattutto se cuciti addosso a chi non può replicare, in una campagna elettorale impazzita.Il Pd non sembra attrezzato a fermare questa miscellanea. «Salvini quando parla di Enrico Berlinguer si sciacqui la bocca» , è la sola replica affidata ai social del segretario Nicola Zingaretti. E per paradosso è la stessa, identica, risposta che Matteo Renzi pronuncia nel 2014 nei confronti del Movimento 5 Stelle, durante la campagna elettorale per le Europee. In quell’occasione, è addirittura Gianroberto Casaleggio, non certo un pensatore progressista, a sfidare i dem da uno dei luoghi più cari alla sinistra: piazza San Giovanni a Roma. «Una persona che noi possiamo considerare - indipendentemente dalla sua appartenenza politica - una persona onesta, è Enrico Berlinguer, che fu uno dei pochi italiani a riempire questa piazza», è l’incipit del discorso del fondatore M5S. Che poi sfida apertamente l’allora presidente del Consiglio Renzi: «Si sciacqui lui la bocca prima di parlare di Berlinguer», è l’affondo, prima di invitare i manifestanti a urlare tutti insieme il nome del segretario comunista scomparso «per farlo sentire fino a Palazzo Chigi». Del resto, solo un anno prima, durante il comizio di chiusura della campagna elettorale per le Politiche, dalla stessa piazza, Casaleggio pronuncia slogan del ’ 68 per galvanizzare la folla. La tecnica è sempre quella e sembra funzionare. Ai grillini, teorici della postideologia è andata bene, ma funziona anche con i lepenisti. In Umbria, lo scorso ottobre, Salvini porta in trionfo la sua candidata, Donatella Tesei,utilizzando lo stesso identico format: «Sono convinto che se oggi venisse in Umbria Berlinguer avrebbe schifo di quelli che si dicono di sinistra che conoscono più banchieri che operai, che conoscono più finanzieri che pescatori e artigiani», dice in uno dei tanti incontri elettorali. Risultato: roccaforte rossa espugnata.Il copione è talmente collaudato da tentare persino un liberale come Vittorio Sgarbi, oggi candidato al Consiglio regionale emiliano. «Le sardine sono una malinconia: passare dal Partito comunista, da Togliatti, da Berlinguer, da Gramsci alle sardine, animali senza coscienza e intelligenza...», si lascia sfuggire in conferenza stampa il deputato eletto nelle liste di Forza Italia. I figli di Berlinguer continuano a proliferare. Lontano dalla sinistra.