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Dopo quattordici giorni di gelo, i leader dei due partiti di maggioranza si incontrano a pranzo per fare il punto della situazione. Un’ora di colloquio, benedetta anche dal premier Giuseppe Conte, per gettarsi alle spalle in un sol colpo le polemiche su Tav, Moscopoli e Arata.
Offensiva leghista sulle tasse «La questione aperta è la prossima manovra economica», spiega poco dopo l’incontro Matteo Salvini, mettendo sul piatto le priorità delle prossime settimane.
«Io e la Lega pensiamo a un forte taglio delle tasse per lavoratori famiglia e imprese per farlo devi aprire un confronto con l’Europa perché non devi sottostare alle imposizioni dell’Europa se tutti sono disponibili ad aprire un confronto per il bene dell’Italia e degli italiani facciamolo», siega il leader del Carroccio, prima di aggiungere: «Se invece qualcuno ha paura o ha dei dubbi me lo dica».
In altre parole, gli attriti col Movimento 5 Stelle non si sono affatto esauriti e nei prossimi giorni potrebbero aprirsi nuovi fronti caldi. Uno su tutti: la Flat Tax, per la quale servirebbero 13 miliardi.
Nelle intenzioni della Lega, il dossier fiscale dovrebbe sottoposto all’attenzione delle parti sociali il 6 o il 7 agosto. Per poter portare a casa la tassa piatta, però, serve la convinzione di tutto il governo per chiedere a Bruxelles maggiore flessibilità. «Vogliamo sapere l’idea del Movimento 5 stelle sulla manovra, serve coraggio», dice il ministro dell’Interno, nonostante il riavvicinamento a Di Maio.
Salvini tiene sulle spine l’alleato, a cui ha fatto digerire persino la Tav, ma in realtà punta al bersaglio grosso: Giuseppe Conte.
Colpire Conte Al ministro dell’Interno non va giù il protagonismo del premier che il giorno prima si è persino presentato al Senato per un’informativa sul “caso rubli” che il Viminale si era rifiutato di concedere al Parlamento.
Le parole di Conte? «Mi interessano meno di zero», dice di prima mattina il vice premier leghista in radio.
Non solo, «mi è sembrato strano che il presidente del Consiglio, senza che nessuno glielo avesse chiesto, sia andato in Aula dicendo che se mi toglieranno la fiducia ritornerò in quest’Aula a cercare la fiducia, come se ci fosse la necessità di cercare uno Scilipoti di turno per non andare a casa», commenta Salvini, senza troppe cortesie, convinto che il vero “nemico” interno si nasconda dentro Palazzo Chigi.
La risposta del premier «È una cosa assolutamente fantasiosa che possa cercare in Parlamento maggioranze alternative. Voliamo alto», replica Conte, anche se sostiene di non aver letto le dichiarazioni del suo vice.
«Ma che io possa andare in Parlamento a cercare una maggioranza alternativa, quando invece, come è ben chiaro, andrei in Parlamento per trasparenza nei confronti dei cittadini e delle istituzioni», spiega, lanciando una frecciata a chi si è rifiutato di presentarsi davanti ai senatori per fornire chiarimenti sul “Russiagate”. «Dobbiamo lavorare, non chiacchierare», aggiunge il presidente del Consiglio.
Salvini non ha alcuna intenzione di recitare semplicemente la parte del “fuggiasco” sulla vicenda del Metropol e sminuisce la versione di Conte fornita all’Aula nel corso dell’informativa.
«Ha detto quello che aveva già detto e che dico io da settimane e lo ripeto volentieri stamattina: non abbiamo mai visto, né chiesto, né preso un rublo, un dollaro, un dinaro, un marco un fiorino, un sesterzo, un euro una lira», dice. «Vado all'estero per fare politica, a non per fare accordi commerciali, ritengo che l Russia sia un partner strategico fondamentale e poi c'è una inchiesta aperta da mesi: buona caccia al tesoro che non c'è».
Caso rubli Ma Conte, a Palazzo Madama, ha detto molto di più di ciò che riporta Salvini: ha attribuito al Viminale l’esclusiva responsabilità della presenza di Gianluca Savoini agli incontri con la diplomazia russa, un privato cittadino invitato dalla Lega al tavolo con Vladimir Putin.
Il segretario della Lega evita accuratamente di ricordare il passaggio pronunciato in Aula, nelle stesse ore in cui il Partito democratico comunica il testo integrale della mozione di sfiducia individuale al ministro dell’Interno.
E mentre Conte e Salvini comunicato attraverso i giornalisti, Di Maio si accontenta di fare l’arbitro, chiedendo a una parte e all’altra «di non litigare e di non alimentare litigi». L’antagonismo di governo si è trasferito altrove.