PHOTO
Per quanto riguarda l’ipotesi di falso in concorso con il comandante dell’Arma, Gianpaolo Scafarto, il pm partenopeo è accusato di aver in qualche modo indirizzato il militare a redigere un’informativa in merito alla presenza dei Servizi segreti in alcune fasi delle indagini su Consip, in particolare nella fase in cui i carabinieri recuperavano la spazzatura nella sede della società Romeo Gestioni ( nell’immondizia è stato rinvenuto il famigerato” pizzino con scritto “30 T”, che secondo gli inquirenti si riferirebbe a Tiziano Renzi). Woodcock ha ammesso di aver consigliato a Scafarto di inserire nell’informativa di polizia giudiziaria un capitolo ad hoc sull’attività dei Servizi segreti ( anche se gli accertamenti svolti avevano escluso la loro presenza) ma che si trattava di normale prassi investigativa e non di un tentativo di inserire nel fascicolo d’indagine elementi non veritieri.
Intanto, spuntano nuovi retroscena in merito alla “ge- stazione” all’interno della procura di Napoli dell’inchiesta Consip. Il Mattino, infatti, rivela che si sarebbe consumata una faida tra lo stesso Woodcock e il procuratore aggiunto Alfonso D’Avino, fatta di note e istanze, per l’assegnazione. A chiarirlo davanti al Csm sarebbe stato il procuratore generale Luigi Riello, il quale ha raccontato che D’Avino avrebbe ceduto alla richiesta di assegnazione fatta dalla pm Carrano perchè «tratto in errore». Le regole interne della procura di Napoli, infatti, prevedono che i reati contro la pa vengano stralciati e assegnati alla seconda sezione e questo sarebbe dovuto avvenire anche con le indagini sul racket all’ospedale Cardarelli. Lo stralcio, però, non avviene e D’Avino riceve una richiesta di coassegnazione da parte del pool di Woodcock, che la giustifica con l’esigenza di sviluppare l’indagine sulla collaborazione di tre componenti del clan camorristico Lo Russo.
D’Avino, secondo la ricostruzione, avrebbe accolto la richiesta non accorgendosi che si riferiva all’inchiesta Consip, che dunque sarebbe stata fuori dalle competenze di Woodcock. «Nella richiesta non si faceva riferimento alla precedente decisione dello stralcio e soprattutto non si faceva riferimento all’intersecazione tra vicende di camorra e quelle di pubblica amministrazione. Per questo ho dato parere favorevole: credevo si trattasse solo di rinforzare le indagini di camorra», si sarebbe giustificato D’Avino.