Il leader di Azione Carlo Calenda «deve decidere da che parte stare» perché molto semplicemente «non si può stare con un piede in due scarpe». Lo ha detto la segretaria del Pd, Elly Schlein, dopo un weekend ad altissima tensione nel centrosinistra, seguito all’invito e di conseguenza all’intervento della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, al Congresso di Azione.

Un Congresso nel quale lo stesso Calenda ha auspicato la “cancellazione” del M5S dal panorama politico e ha invitato a formare una “coalizione di volenterosi” anche in Italia, sulla scia di quanto sta mettendo in piedi a livello internazionale il premier laburista inglese Keir Starmer, che unisca Azione, Forza Italia e, per citare lo stesso Calenda, «un pezzo, vedremo quanto grosso, di Pd».

Desideri accolti con freddezza, per usare un eufemismo, da tutti i soggetti coinvolti, a partire dalla stessa segretaria dem. «La linea del Pd è una ed è chiara, ritorneremo a governare vincendo le elezioni con una coalizione progressista, senza larghe intese - ha aggiunto Schlein - Decida lui da che parte stare, non si può stare un po’ di qua un po’ di là».

Ma la risposta di Calenda non si è fatta attendere. «Cara Schlein, noi stiamo al centro dove ci hanno messo gli elettori - ha scritto sui social - Non andiamo dietro ai populisti filo putiniani e non ci asteniamo quando si tratta di Ucraina, riarmo europeo e difesa. Il resto è fuffa».

Ancor più duri della leader dem tuttavia sono stati i leader dei partiti teoricamente più “affini” ad Azione, in primis Italia viva che Calenda non vorrebbe nella “coalizione”. Per il leader di Iv, Matteo Renzi, «con l’attuale legge elettorale» lo scontro alle prossime Politiche del 2027 sarà tra centrodestra a trazione Meloni e un centrosinistra il cui perno sarà costituito dal Pd. «Tra i due poli non possiamo che stare con il centrosinistra», ha ribadito l’ex presidente del Consiglio confermando quell’avvicinamento a Schlein ormai in corso da tempo.

«La partecipazione di Meloni al congresso di Azione ha scatenato un dibattito a dir poco lunare sull’europeismo della premier e su ipotetiche coalizioni di volenterosi - il pensiero del segretario di Più Europa, Riccardo Magi - Per quanto mi riguarda, non c’è nulla da applaudire rispetto a Giorgia Meloni e al suo governo. Anzi. Per noi di PiùEuropa ci sono differenze semplicemente incolmabili con Giorgia Meloni perché siamo incompatibili con la sua visione di Europa». Per Magi Più Europa vuole «costruire l’Europa che manca, l’Europa politica, una patria europea con una Costituzione europea» e «chi oggi immagina una convergenza possibile sbaglia perché l’Europa di Meloni e Orbán non ha nulla a che fare con le libertà, la democrazia e il federalismo europeo e con la costruzione di una pace giusta».

Si dice invece «basito» il coportavoce dei Verdi Angelo Bonelli, secondo il quale «la standing ovation riservata a Giorgia Meloni, come se fosse la leader parallela a Calenda, è stata sconcertante» e «ancora di più lo sono le posizioni che ha espresso lo stesso Calenda, che mi sembrano spianare la strada alla Meloni per governare nei prossimi vent’anni». Atteggiamento quello di Calenda, conclude Bonelli, «poco costruttivo e pericoloso».

Insomma a Calenda non è stato steso esattamente un tappeto rosso ma del resto, essendosi lui stesso sempre detto, come anche ribadito nella risposta a Schlein, fieramente «all’opposto del populismo di Lega e Cinque Stelle» e per questo non ascrivibile né all’attuale centrodestra né al centrosinistra, non poteva che aspettarsi altro.

Per questo prova a buttare la palla in tribuna il vicesegretario di Azione, Ettore Rosato. «Secondo noi il tema centrale è che le democrazie occidentali devono lavorare con una linea chiara, a difesa dell’Ucraina - ha spiegato ieri - Non per qualche motivo strano ma perché sono il Paese aggredito e hanno un aggressore che continua a bombardare giorno per giorno dicendo che sta facendo una trattativa sulla pace». Questo perché «non c’è nessuna mediazione da costruire su questo: tutti i tentativi per la pace sono giusti e verranno sostenuti ma accanto a questo ci vuole il fermo sostegno» a Kiev.

Ma la polemica con Schlein viene riaccesa da Osvaldo Napoli, della segreteria di Azione, che commenta in maniera netta le parola del Nazareno. «Per essere una segretaria “ostinatamente unitaria” mi pare che Elly Schlein continui a sbagliare approccio nella ricerca di alleati: lei non può intimare a chicchessia di decidersi a scegliere da che parte stare - ha spiegato Napoli - Anche Azione vorrebbe sapere se Elly Schlein condivide la posizione dei socialisti europei, favorevoli al piano di riarmo, o se si riconosce nelle posizioni di Salvini, Conte e Orbán».

Per l’ex forzista «la politica estera è la chiave di volta della politica interna» perché «stare nell’Unione e condividere le strategie della Commissione in tema di sicurezza e difesa è uno spartiacque storico». Per questo Napoli invita Schlein «a chiedersi dove sarebbe oggi l’Italia se il piano di riarmo fosse stato approvato durante il governo giallorosso» cosicché «si dia una risposta e capirà allora che il problema non tenere il piede in due scarpe, ma tenerlo dentro la scarpa giusta».