Si può tranquillamente e senza ombra di dubbio escludere che Marina Berlusconi non fosse pienamente consapevole del peso politico del suo manifesto travestito da intervista. Se la figlia del fondatore della destra italiana, azionista di maggioranza di un partito essenziale per la tenuta del governo, illustra una visione che fa a pugni con quella del governo su numerosi punti le ipotesi di casualità o ingenuità non vanno neppure prese in considerazione.

La domanda che è inevitabile porsi non è neppure il perché della mossa di Marina: Fi si è conquistata lo spazio che non aveva al momento della nascita del governo imponendosi come contrappeso della destra più truculenta all'interno della maggioranza, quella di Salvini ma anche di una parte congrua di FdI. Ora si tratta di allargare quello spazio battendo sugli stessi tasti. Ma questa non è una novità: il progetto era stato già anticipato da Piersilvio con l'esortazione a passare dal "partito di resistenza" a quello "di sfida". Tajani non si è fatto pregare. La domanda reale non è quindi "perché" ma "perché ora".

Si potrebbe sospettare un dissenso con lo stesso Tajani, magari considerato troppo morbido e cedevole. Nulla però supporta questa ipotesi. Prima di tutto perché Tajani, dietro l'apparente mitezza democristiana, cedevole non è stato affatto. Ma soprattutto perché il ministro degli Esteri non solo si è affrettato a plaudire facendo dichiarare al portavoce del partito Nevi che quella della Cavaliera è «una riflessione di altissimo profilo politico» ma ha rilanciato 24 ore dopo con la lettera alla comunità italiana in Germania nella quale spara a zero contro AfD, partito alleato del suo alleato Salvini ma considerato lo stesso il nemico principale. Tutto insomma lascia pensare che si tratti più di un gioco delle parti che di una contrapposizione.

Marina Berlusconi, forte del suo ruolo formalmente estraneo al gioco politico, ha detto quel che il vicepremier non avrebbe potuto dire senza provocare un terremoto nella coalizione. Neppure si può pensare a un'offensiva propagandistica. Non senza appuntamenti elettorali alle viste. Le urne si apriranno in autunno e da quel punto di vista l'affondo, con tanto esagerato anticipo, è del tutto inutile. Sinora Marina, molto più del fratello, si era esposta solo per dare man forte alla premier, evidentemente soddisfatta dalla torsione europeista e vicina all’establishment operata dalla premier dopo la vittoria del 2022, appena mascherata dai ruggiti da comizio. Quel che è cambiato e che spiega la scelta dell'imprenditrice/erede di uscire proprio ora allo scoperto è probabilmente l'avvento di Donald Trump.

Nella prima fase del suo governo Giorgia Meloni si è mossa, un po' camminando sulle uova, in un palcoscenico internazionale molto scivoloso perché ostile all'ondata di destra di cui era stata sino a quel momento una delle principali protagoniste in Europa. La premier è stata molto abile nello sfruttare soprattutto il sostegno strenuo all'Ucraina come leva per conquistare credibilità e legittimazione in capitali e sedi istituzionali che avevano visto la sua vittoria con sospetto e timori, dalla Casa Bianca a palazzo Berlaymont. La vittoria di Trump ha cambiato tutto e anzi ha rovesciato il quadro. Ora la premier deve casomai guardarsi dall'accusa strisciante di essere stata troppo connivente con l'establishment di Bruxelles e con Joe Biden. Non si tratta, o non solo, di salire sul carro del vincitore. E' piuttosto la possibilità, o la necessità, di mettere da parte tutti gli orpelli, le prudenze e le ipocrisie necessarie fino a pochi mesi fa e oggi solo un lontano ricordo.

Per Marina Berlusconi è doppiamente allarmante il rischio che, nelle sovvertite condizioni, la premier non si limiti a spostarsi un po' ma finisca per allinearsi completamente con la destra sovranista all'arrembaggio. Sarebbe un esito politicamente disastroso, perché opposto alla sua visione e alla convenienza del partito azzurro. Ma dal punto di vista dell'interesse dell'azienda, quello che in piena continuità con papà Silvio è anche per Marina la stella polare, è anche più temuta l'eventualità di uno smottamento dell'Italia che sarebbe fatale anche per l'Europa. La mossa dell'imprenditrice, concordata o meno che fosse con Tajani, mira ad ancorare la premier alle scelte europeiste che oggi potrebbe rimettere in discussione. Va bene stare nel mezzo tra la nuova Washington e la vecchia Europa purché quel "mezzo" sia più vicino a questa sponda dell'Atlantico che a quella americana.

Nel partito, proprio perché in realtà non ostile a Tajani, il manifesto di Marina ha raccolto gran successo. I dubbi di qualcuno ci sono. Il silenzio di Gaparri, che con quella esaltazione dei diritti non vuole avere a che fare, è eloquente. Ma non sono le resistenze azzurre il vero problema. E' l'assenza, almeno per ora,di qualsiasi sponda che permetta al partito azzurro di esercitare in pieno il proprio potere di condizionamento sulle scelte di Giorgia.